Cinema & Tv: il coraggio di "Sole cuore amore"

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CINEMA & SERIE TV

Boris Sollazzo e Fabio Fagnani commentano per Riders le ultime novità in fatto di cinema e tv. Da “Sole cuore amore”, di Daniele Vicari, a “Caccia all’uomo” e Fargo

Daniele Vicari Sole cuore amore

Daniele Vicari è un regista fondamentale, nel cinema italiano. Non solo per il suo capolavoro, Diaz, coraggioso per il tema e la rivoluzione narrativa e visiva di quel racconto; ma anche perché porta avanti, da sempre, un discorso estetico ed etico mai ideologico ma profondamente complesso e controcorrente. Laddove il cinema italiano fugge la complessità e l’indagine del lato oscuro dell’uomo e della società, lui vi entra regolarmente, attraverso gli stilemi del genere o di un cinema civile destrutturato o del documentario.

Sole cuore amore è un ulteriore passo avanti, in cui attraverso la splendida interpretazione di Isabella Ragonese, racconta una parabola individuale di sfruttamento, consunzione fisica e umana, dell’inesorabile quotidiano fallimento di un sistema economico e sociale cannibale. Boris Sollazzo

Peter Berg Boston Caccia all’Uomo

L’eroe a stelle e strisce proletario e un po’ incazzato; l’icona dell’America che potrebbe aver votato Trump in buona fede; il simbolo del sogno americano che si realizza proprio quando arriva l’incubo peggiore: questo è Mark Wahlberg nelle mani di Peter Berg. Regista e attore si capiscono al volo da quando si sono incontrati, di fatto collaborano in tutte le fasi dei loro progetti.

La grande forza di Boston Caccia all’uomo è che ci credi. Sì, ci credi ancora. La struttura in tre atti dramma-riscatto-catarsi, è così vecchia e prevedibile da risultare rassicurante; la scrittura è solida perché, in fondo, poteva uscire da uno script di 20 o 30 anni fa; l’interprete principale non ti stupisce – ma, allo stesso tempo, non ti delude.

cinema film caccia all'uomo

Gli ingredienti giusti

Qui c’è tutto quello che abbiamo sempre chiesto a Harrison Ford, nei panni di Jack Ryan o a Bruce Willis in quelli di John McClane (il sergente Tommy Saunders, però, è vero: non è duro come il primo, né cialtrone come il secondo) ma anche una comunità che reagisce meglio della sua intelligence. C’è la solidarietà, la rabbia e l’orgoglio identitario, la paura dell’attacco, la caccia all’uomo serrata e incardinata su eroi normali, dal poliziotto di Boston che ne sa più del dirigente dell’FBI allo sceriffo di contea che al massimo fa le multe e si ritrova protagonista di una sparatoria che neanche Jason Bourne.

Rabbia e lacrime arrivano al momento giusto; perché a volte, semplicemente, la ricetta migliore è quella che cucini più spesso, se gli ingredienti sono buoni e il cuoco ci sa fare. Boris Sollazzo

SERIE TV

Terza stagione Fargo

Una serie funziona se: è di qualità e se è comprensibile e mai noiosa. Così Fargo, alla sua terza stagione. Il progetto di Noah Hawley nasce dalla visione del film dei fratelli Coen, uscito nelle sale cinematografiche nel 1996. Vince , convince e piace. Fargo cambia di stagione in stagione ma il ritmo del racconto rimane lo stesso, la finta casualità degli eventi, la ricerca olistica del metodo registico. Fargo tiene botta e anzi continua a migliorare e a raccontare una storia come si deve. L’8 maggio inizierà la terza stagione su Sky Atlantic nella quale Ewan McGregor sarà protagonista assoluto. Sì, il nostro amico Ewan. Fabio Fagnani

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