Kawasaki 500 Mach III, the Widow Maker

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GLI ANVIL PROVANO LA KAWASAKI MACH III

Siete mai saliti su un cavallo imbizzarrito senza redini? Ecco la sensazione che si prova appena si spalanca il gas in sella alla Kawasaki 500  Mach III

Kawasaki 500 Mach III

Siete mai saliti su un cavallo imbizzarrito senza redini? Ecco la sensazione che si prova appena si spalanca il gas in sella alla Kawasaki 500 Mach III. 500 di cilindrata, 3 cilindri, 2 tempi e 60 cavalli di potenza: una moto dell’accellerazione mostruosa capace di lasciare al palo tutte le altre rivali che a quell’epoca erano 4 tempi. Era questo quello che voleva il concessionario Kawasaki di Los Angeles, il nome era già pronto: Mach III, ovvero tre volte la velocità del suono.

Durante la progettazione venne spostato il motore, facendolo arretrare sul telaio, per favorire le impennate. Sembrano leggende da bar eppure questo romanticismo fa parte delle storia delle moto anni 70.

Un’icona

Nasce così nel 1968 la prima versione della 500 H1; aveva una potenza esuberante paragonata alle rivali di pari cilindrata e con prestazioni elevatissime. Una moto senza regole, un progetto così ardito con il suo mix letale tra pregi (potenza) e difetti (ciclistica), ne fanno subito un’icona discussa e recensita dai media in modo del tutto fuori dal normale.

Gli aggettivi si sprecano per descrivere questo modello. Eccone un esempio di quelli più usati: Bomba H, l’emozione di volare, il missile di Satana e persino la bara volante. Negli Stati Uniti era la Widow maker (fabbricante di vedove). Nonostante gli evidenti squilibri e scompensi, è proprio la prima serie a creare una leggenda intorno a sé; ed è proprio grazie a questo modello che il marchio Kawasaki legherà la propria filosofia costruttiva alle prestazioni assolute.

Kawasaki Mach III

A sinistra SanMarco indossa tuta Belstaff, guanti Gimoto, stivali Frank Thomas e casco Premier. A destra Phonz indossa tuta Gaman, stivali Bimota, guanti AGV e casco Premier

L’inganno che conquista

Ci si emoziona ancora prima di guidarla; appena ti avvicini non puoi non notare le verniciature dai colori scintillanti e le grafiche curatissime; impressionante l’uso del ferro e il cromo che oggi puoi trovare solo su alcune special di alto artigianato.

L’inganno visivo della Kawa è la promessa di leggerezza e facilità, una proporzione di moto che oggi puoi trovare solamente su una 125. Inganno appunto, appena senti girare il motore sai già che non sarà come promesso.

Trasgressiva per eccellenza, questa moto è una di quelle che: ‘«o la ami o la odi. Altrimenti passa pure alla Honda 750» più umana, generosa e tranquilla costruita per i bravi ragazzi; mentre la Mach III era perfetta per i “bulli” che impennavano da un semaforo all’altro.

La Kawasaki Mach III si presenta leggerissima all’avantreno. Per chi non sapesse cosa significa, appena si sfiora il gas la moto con un sibilo degno di un jet a reazione si alza su una ruota sola, come se ogni volta volesse mettere in chiaro che i suoi 47 anni non sono un problema. C’è una grandissima differenza tra i primi modelli con il freno a tamburo e la forcella rispetto alle sorelle più recenti con il freno a disco.

Guida

È pazzesco pensare come sia l’unica moto nata con 60 cavalli e nel corso degli anni invece di salire sono scesi, fino ad arrivare all’ultima serie con 52 cv. Una guida difficile per un non esperto: molto reattiva, frenata inadeguata e dalla ciclistica inappropriata alla potenza del motore, ma poche moto fanno provare le sensazioni che una Mach III sa dare.

Il rumore è davvero caratteristico, sembra la pioggia che cade su una tettoia di lamiera o le braci che scoppiettano croccanti nel camino. La Mach III è stata sempre una moto per pochi; guidarla nel traffico di oggi può diventare un esercizio mentale e fisico, da monaco zen.

Ogni medaglia ha il suo rovescio, le emozioni del due tempi, la sensazione di equilibrio precario, l’accelerazione che diventa schiaffo, un rumore ormai dimenticato chiedono in cambio una guida senza distrazioni; non ci sarà ABS a frenare per voi, un controllo di trazione per evitare una scivolata, solo l’uomo a domare il drago e la strada.

Il modello H1/B prodotto nei primi anni Settanta. Monta il freno a disco anteriore e i carter motore sono lucidati a specchio. Il contrasto motoreserbatoio rende questa Mach III un oggetto iconico. Nella pagina accanto Marco indossa in anteprima gli occhiali Riders by Hallie & Son

È una moto da comperare?

Dipende dalla vostra personalità… Secercate una moglie cheaccompagna i figli a scuola, e vi fa trovare la cena calda sul tavolo, diremmo di no. Ma se vi piacciono le donne con il tacco dodici, complici delle vostre avventure, la Kawasaki Mach III è la vostra moto.

Foto di Paolo Sandolfini

Articolo di Alessandro Fontanesi e Marco Filios (Anvil)

KAWASAKI 500 MACH III

Motore 2 tempi, 3 cilindri di 498 cc, raffreddato aria, potenza max. 60 cv a 8.000 rpm, 5 marce, Rapporto di Compressione: 7:1

Alimentazione 3 carburatori Mikuni VM28SC

Alesaggio x corsa 60 x 58,8 mm

Telaio Doppia culla tubolare in acciaio

Freni (1° versione) ant. tamburo di 200 mm, post. tamburo da 180 mm, (versioni successive) disco singolo ant. da 296 mm, tamburo posteriore da 180 mm

Dimensioni e Peso altezza sella 810 mm, interasse 1.470 mm, 174 kg, serbatoio 15 litri

Sospensioni ant. forcella idraulica telescopica da 35 mm, post. forcellone oscillante (2 ammortizzatori)

Pneumatici ant. 3.25 x 19, post. 4.00 x 17

Prestazioni Velocità Max: 191,6 km/h, 0-400 mt in 12,6 sec.

Consumo medio 11,3 km/l

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