Pat Hennen è il Jimi Hendrix delle moto. Colpito da un gabbiano nel TT, è finito nel cortile di una chiesa in coma
Pat Hennen è il meno conosciuto dei piloti USA ma sicuramente uno dei più pazzi e rock. Irruppe nella scena del Motomondiale imponendo uno stile e una scuola mai viste prima, tanto da scrivere per primo il suo nome nell’albo d’oro della classe 500 vincendo la gara di Imatra del 1976. Tutti pensano a Roberts come primo pilota americano, capace di vincere nel Motomondiale; ma prima di lui era arrivato questo fantastico talento della nuova scuola statunitense.
Biondissimo, capelli lunghi occhi chiari e lentiggini, Hennen arrivò dopo aver dominato nel campionato AMA. E in quegli anni 70 per ottenere la prestigiosa targa numero uno dell’AMA bisognava correre in almeno quattro discipline diverse. Innanzitutto pista, short track; ma anche le mostruose gare di Long Track con moto da 750 cc su piste di terra battuta con medie da 180 orari. E questo dava poi un controllo nei traversi e una sensibilità che nessun pilota europeo era capace di raggiungere.
Le imprese
Hennen impressionò tutti nel 75 per la sua padronanza totale della sua Suzuki 500 con la quale partecipò al Transatlantic Trophy inglese dove i piloti dei due mondi si confrontavano a fine stagione. Venne ingaggiato dal team Heron Suzuki per tutto il Mondiale del 76 e Pat debuttò con un quinto posto.
Conquistò il podio ad Assen dietro a Sheene; seguì la storica impresa sulla folle pista di Imatra dove si saltava un vero passaggio a livello con le sbarre alzate e dove le 500 volavano in aria per qualche metro. Al termine di questa prima stagione Pat finì terzo dietro a Sheene, Lansivuori e davanti a un certo Lucchinelli.
L’incidente
Hennen si innamorò presto del TT. Purtroppo questo suo amore gli è costato carissimo: nel 78 puntava al titolo, unico avversario da battere il connazionale Roberts. Con una vittoria e tre secondi posti Hennen era secondo in classifica dietro a Kenny. Decise di tornare al TT, dove stabilì nuovi record scendendo per la prima volta sotto i 20 minuti girando nel Mountain in 19 minuti e 53 secondi a 180 di media.
Nel corso dell’ultimo giro, poco prima del salto di Ballaugh Bridge, fu colpito da un gabbiano. Questo gli fece perdere il controllo della sua moto; finì nel cortile di una chiesa dove fu trovato in coma e portato in ospedale. Purtroppo non si è più ripreso al 100 per cento. Come una rock star alla Jimi Hendrix, dopo aver creato un nuovo stile di guida e aperto ufficialmente la vera scuola USA nel mondiale, sparisce prematuramente dalle scene senza aver espresso il meglio del suo repertorio.
Ma come gli assoli di Hendrix, le poche gare di questo sfortunato e velocissimo pilota rimarranno scolpite per sempre nella mente dei pochi fortunati che hanno assistito alle sue gare.