La tecnologia fa passi da gigante, anche per il settore automotive. Mentre si parla di commercializzare le auto senza pilota, alcuni dubbi rimangono senza risposta
Immaginare il futuro, annullare tempo e distanze. Cancellare i confini, rendere fluido un percorso sempre più globale; convivere con un pensiero nuovo, contagioso, nel solco fra «il Secolo breve» di Hobsbawm e la letteratura sci-fi di Isaac Asimov e dei suoi amici. Telecamere, radar, sensori laser; e poi automobili che accelerano, frenano, mantengono le distanze, sterzano, parcheggiano da sole, in autonomia. Sono le auto senza pilota.
Precisamente, guidate da un pilota automatico. Un’intelligenza artificiale che permette alle nostre mani di lasciare il volante. Loro guidano, mentre la nostra mente può correre libera a immaginare un futuro interconnesso fra cose e persone attraverso Internet.
Fantascienza? Macché
Basta guardare ai più recenti meeting specializzati in elettronica di consumo. Come il CES di Las Vegas, la più importante fiera al mondo; o i talk realizzati all’Audi City Lab di Milano al Fuorisalone 2017: probabilmente il più intrigante think tank del momento. L’intero movimento automobilistico investe da molto tempo ingegno e risorse nello studio dei nuovi percorsi, per garantirsi futura sopravvivenza. E se la guida assistita è il presente perché semplifica la vita, rende ogni operazione più sicura, l’auto senza pilota è il futuro.
Un futuro davvero prossimo poiché la tecnologia capace di renderla possibile è già disponibile, solo che viene messa da parte perché a mancare è l’ecosistema infrastrutturale e normativo necessario a renderla disponibile a tutti noi.
È una questione di soldi
Chi pagherà in caso d’incidente quando uomini e macchine condivideranno il proprio cammino? E quanto è ancora lunga la strada prima di raggiungere l’obiettivo dichiarato di zero incidentalità, zero mortalità, zero emissioni? Gli sforzi dei grandi gruppi si moltiplicano. Abbiamo così già oggi vetture in grado di dialogare in tempo reale con i semafori per garantire un flusso di traffico costante; assistenti personali come Siri e Cortana saliti a bordo per semplificare tutta una serie di operazioni, senza distrarsi troppo dalla guida.
Automobili che entrano e escono dal parcheggio a comando, e senza dover fare le odiose manovre. Macchine che nel traffico fanno da sé e gestiscono pure in maniera predittiva le informazioni del Gps per ottimizzare la gestione del motore.
Verso le auto volanti?
Non sappiamo se le auto del futuro voleranno come il delizioso prototipo intermodale Pop. Up firmato Italdesign e Airbus, tuttavia chi era ragazzo negli Ottanta e Novanta vede realizzato oggi ciò che a quel tempo fumetti, tivù e cinema ci mostravano quasi fosse un miraggio.
Il manifesto è certamente la Knight Industries Two Thousand che nel 1982 entra nelle case di milioni di telespettatori: KITT non è più una semplice Pontiac Firebird Trans Am ma diventa la «Supercar» che il network Nbc trasforma, anticipando il futuro dell’automobilismo mondiale (e non solo). Con trent’anni d’anticipo ha già tutte le odierne fissazioni.
In corsa verso il futuro
È dotata d’intelligenza artificiale e guida da sola; dialoga con il mondo circostante e con chi sta al volante con un sintetizzatore vocale e uno smartwatch; interroga database e interpreta stradari, riconosce nemici e ostacoli che poi evita azzardando manovre in perfetta autonomia.
Un atout niente male! Specie pensando che quel Millenium Bug che avrebbe poi sconvolto il mondo a cavallo del nuovo millennio non faceva ancora paura. All’epoca i telefoni avevano il filo e per mandare le mail servivano i francobolli. In fondo questo decennio così veloce da cambiare il destino del mondo, il nostro, quello acceso nel 2007 dal lancio del primo iPhone che app, maps, Internet tascabile always-on ha cambiato per sempre le regole del gioco, era solo fantascienza.
Articolo di Paolo Matteo Cozzi