Fast, veloce, è la parola che l’artista John Baldessari ha scelto di scrivere sulla 19ª Art Car. Era inevitabile. La sua speciale M6 non se ne starà placida in un museo, ma scenderà in pista
La sede che, di volta in volta, le case automobilistiche scelgono per svelare i loro nuovi modelli è frutto di lunghe riflessioni. Stavolta, Bmw deve averci pensato solo un attimo. Luogo migliore di Miami, in occasione dell’edizione invernale di Art Basel, ormai la più importante fiera d’arte del mondo, non poteva esserci. Perché la protagonista non era una semplice automobile, ma l’ultima Art Car. Nato nel 1975 per opera del pilota francese Hervé Poulain, dopo avere tagliato nel 2015 il traguardo dei quarant’anni il progetto Art Car non ha alcuna intenzione di interrompersi, né tanto meno di sedersi sugli allori.
L’artista
L’artista scelto per quest’ultima vettura, e il modello stesso, rappresentano una decisione forte. Lui è John Baldessari, 85 anni, natali californiani, artista concettuale di fama, già alla Biennale di Parigi del 1985 e a quella di Venezia del 2009.
Un tipo talmente bizzarro che, nel 1970, bruciò la quasi totalità dei suoi dipinti realizzati nei quindici anni precedenti per realizzare The Cremation Project. Le ceneri vennero inserite in un’urna con una targa di bronzo che indicava le date di creazione e distruzione dei dipinti.
L’art car è una M6 GTLMN da corsa
Un’auto di 1.250 chilogrammi con un motore V8 sovralimentato di 4,4 litri, in grado di esprimere una potenza di 577 cavalli. Un mostro, come si dice delle auto da corsa quando le si guarda con occhi carichi di rispetto. Un mostro che doveva diventare un capolavoro, come è accaduto alle altre Bmw racing decorate dai più famosi artisti. Come le 3.0 CSL di Alexander Calder e Frank Stella, per esempio; o la 320i di Roy Lichtenstein, la M1 di Andy Warhol, la M3 GT2 di Jeff Koons.
Chi si aspettava, tra i profani di pittura e arte contemporanea, una M6 piena di colori forti ed eccitanti è sicuramente rimasto deluso. Viceversa, si è vista un’auto bianca con delle chiazze tonde colorate in giallo, azzurro, verde e rosso, sfondo bianco e la parola FAST su un lato della carrozzeria.
I colori di Baldessari
D’altronde, per gli esperti, quanto visto era piuttosto scontato; l’autore, Baldessari, ha sempre utilizzato il linguaggio nelle proprie opere, con l’uso delle parole associate ai colori, cui attribuire significati: giallo-gold, rosso-hot, azzurro-cielo, verde-natura. Quindi, un’espressione che è nel solco delle creazioni dell’artista americano: un’ermetica razionalità.
Poteva scegliere di scrivere SPEED, FLASH, ha usato invece FAST, proprio perché parola essenziale, diretta, inequivocabile. Nel corso della conferenza stampa, avendo studiato l’ultima sua fatica (l’allestimento di un museo di arte contemporanea in Belgio), ho provato a chiedergli di associare i colori ai vari stati d’animo. Ha risposto assorto: «I don’t know». Anche alle altre domande pareva divertito, ma molto distaccato, immerso nei suoi pensieri.
I PRECEDENTI: LE ALTRE ART CAR
La 320i Gruppo 5 di Roy Lichtenstein (1977); Bmw Art Car più famosa, la M1 Gruppo 4 di Andy Warhol (1979); la 3.0 CSL di Alexander Calder (1975, la prima); la V12 LMR di Holzer (1999).
Velocità, tecnologia, rumori
Non so quanto il contingente delle corse lo abbia interessato o colpito. Più probabilmente, invece, ad attrarlo sono stati la percezione del movimento, la sensazione della velocità; anche il turbamento del rumore quali sensazioni generali. In lui, segni, colori, gesti non hanno rispondenza diretta con le forme della vita contemporanea, ma sono piuttosto urla, grida, che sfociano in opere-caos.
Questa Art Car è nata per correre. Difatti, nell’ultimo fine settimana di gennaio è scesa in pista a Daytona, nella 24 Ore. Quella Daytona che per noi italiani è legata all’arrivo in parata delle Ferrari nel 1967 e che per gli americani è un mito che non tramonterà mai.
La sua gara, al contrario di lei, non rimarrà nella storia, ma è stata comunque un successo. Dopo 652 giri, Auberlen, Sims, Farfus e Spengler l’hanno condotta a un ottavo posto di classe e 12° assoluto. Chissà se Baldessari si sarà interessato del risvolto agonistico della vettura da lui decorata. Forse avrà seguito appassionatamente la gara, facendo finta di niente; a chi gli ha chiesto informazioni si sarà limitato a rispondere, divertito: «I don’t know».
Filippo Cingolani