L’European Bug-In attira ogni anno migliaia di fanatici Volkswagen sul circuito di Chimay. vi raccontiamo di quella volta che gli italiani di hot heads garage hanno fatto il vuoto
Articolo di Riccardo Casarini
Photo courtesy: Hotheads Garage
Primi anni 2000. Dopo il lavoro un gruppo di amici si ritrova a Seregno, davanti a un’ex falegnameria riconvertita in officina. Parcheggiano i loro VW Maggiolino. Ci sono Bob, Manovra, Marta, Cresta, Andre: una costola del Kafer Club, i maggiolinisti locali. Ad aprire le porte, ogni sera, Fabio Brambilla aka Fabione, che timbra il cartellino d’uscita alla Dellorto e corre lì, dove un tempo c’era la vecchia attività di famiglia. Trascorrono le serate a smanettare sui propri mezzi sognando nella nebbia un po’ di sole californiano. Tra qualche birra e le solite chiacchiere si scambiano foto e commenti con appassionati sparsi in tutta Europa, tramite blog primordiali che a vederli ora vien da sorridere. Finché un giorno qualunque del 2006 arriva una notizia, che non è la vittoria della Nazionale calcio ai Mondiali: il Bug-In, l’evento culto per appassionati Volkswagen che dal 1968 si tiene in California, avrà una sua versione europea. Previsti raduno e spari dimostrativi sul quarto di miglio. Dal 30 giugno al 1º luglio 2007 il circuito cittadino di Chimay, in Belgio, si trasformerà in una Mecca VW. Sorrisi sornioni nella crew, poi un’occhiata al cortile dove Fabione ha abbandonato un Maggiolino del 54, serie ovale…
Deep Passion, le origini lontane della passione
L’idea che matura, in una prospettiva di notti insonni, è quella di realizzare un’auto da corsa seguendo lo stile in voga nel drag racing degli albori, quando negli Stati Uniti degli anni Sessanta e Settanta montava la sfida nelle gare NRHA, tra esagerate muscle car e VW Beetle elaborati all’ossesso. Filosofie opposte, in disputa su lingue d’asfalto dette in gergo strip. Dunque l’ovale del 54 è destinato a diventare un gasser, nome che al tempo identificava la categoria. Il tetto dell’auto viene choppato, ossia tagliato e abbassato, poi si preparano telaio e carrozzeria alleggerendo e rinforzando, ma il motore sembra un Calimero: il 1.192 cc eroga la miseria di 36 cavalli. Servono carter in alluminio, una termica da 2.387 cc, due testate Dyno-Soars perfezionate nella volumetria e una voracità d’aria e benzina sfamata dai carburatori Weber IDA 52 per trasformarlo in un cigno incazzato da 230 cavalli e 250 Nm di coppia. Tutto a capofitto, sempre nel tempo libero, fino alle 3 di notte del 29 giugno 2007, quando il gasser brianzolo battezzato Deep Passion viene caricato sul carrello. Davanti ancora 848 chilometri e 10 ore di guida, ché solo la passione può tanto…
The Hot Heads Garage
Novizi nel confronto internazionale, ma non impreparati, i ragazzi arrivano a Chimay come un vero team: auto, attrezzatura, divise dedicate. Si registrano con il nome Hot Heads Garage. Nel frattempo arrivano uomini e mezzi da ogni parte, compresi Giappone e Stati Uniti. Collezionisti, piloti, preparatori… i nomi noti del giro sono lì. Scaricato il Deep Passion, qualcuno inizia ad avvicinarsi al mezzo per apprezzarne la linea, ficcare il naso nel motore, ammirarne le finiture. Inizia così a sgretolare quel muro che attendeva la squadra italiana, un muro fatto di ironico scetticismo, eretto nei mesi precedenti sui forum online. Quando, poco più tardi, arriva la convocazione sulla strip, in totale marcano presenza settanta gasser. Al primo lancio il Deep Passion trova il Maggiolino di Nao Komori di FLAT4, storico dealer giapponese.
Scatta il verde. Il Deep Passion urla, si siede sulle ruote posteriori e schizza in avanti. Quattro marce piene, prima di arrivare in fondo. In fondo ai 400 metri che svuotano Fabio dell’adrenalina, lasciando spazio alla stanchezza. Hot Heads Garage guadagna allora rispetto. Gli spari proseguono, i giorni anche. Infine la soddisfazione si fa collettiva con la vittoria del premio per il miglior gasser, ché per le modalità con cui arriva ricordano un po’ il veni, vidi, vici di Cesare nel Ponto. A Chimay i ragazzi hanno spaccato davvero, tuttavia un finale lieto non lo si può raccontare, perché… perché la storia non è mai finita: Fabio Brambilla ha poi aperto ufficialmente la Hot Heads Garage di Seregno e 12 anni dopo è ancora lì, ormai anche lui tra i nomi noti del giro.
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