Oggi fa il carpentiere in Connecticut, ma in sella ha castigato la crème dei campioni statunitensi
Articolo di Riccardo Casarini
Foto di Gary Remal, Mary Grothe, Henny Ray Abrams
È fuori dubbio che nei campionati mondiali finiscano per correre solo i grandi talenti della disciplina. Poi ci sono la fortuna, le condizioni favorevoli, il portafogli ancora più favorevole o direttamente il passe-partout di una dote sponsor. Ma questo è un altro discorso, perché se uno è un chiodo resta chiodo anche nella buona sorte dorata. Altrettanto fuori dubbio c’è il fatto che in giro esistono fenomeni inespressi che mai conosceremo, perché il destino e la storia forse non hanno voluto. Uno di questi è Rich Schlachter, probabilmente il pilota americano più veloce su circuito stradale nell’epoca d’oro del motociclismo a stelle e strisce. Eravate rimasti ai vari Roberts, Spencer, Mamola eccetera? Male, giù il cappello davanti ai mostri sacri ma… è bene che sappiate che tutti, o quasi, nell’All Stars USA hanno dovuto assaggiare prima o poi i fumi ricinati degli scarichi di Schlachter.
Quando l’abito non fa… il manico
Oggi Richard ha sessant’anni suonati e vive a Old Lyme, nel Connecticut, dove è cresciuto. Non fosse così fuori mano potreste contattare la sua ditta di carpenteria per riprogettare la vostra cucina oppure costruire i nuovi serramenti di casa. Non credereste mai che dietro l’aspetto comune di quell’artigiano si celi un pilota di rara qualità. A differenza di tanti suoi connazionali forgiati alla guida nei circuiti di flat track, Schlachter imparò la velocità con una Kawa Mach III, in quei saliscendi d’asfalto immersi nelle foreste che sono le strade del Connecticut. Non gli mancava certo del fil di ferro sullo stomaco. Iniziò a prender parte a qualche gara verso la metà degli anni Settanta, frequentando il circuito di Bridgehampton. Corse da privato su Yamaha TD, TA e TZ250, non certo favorito dagli scarsi rudimenti di meccanica che possedeva. Sapeva però dar di gas e per questo venne notato dal preparatore Kevin Cameron che gli mise a disposizione una TZ750.
Lo svezzamento tra i grandi era previsto per la 100 Miglia di Daytona del 77, ma la settemmezzo non era ancora pronta, così Rich la corse con la 250 nella categoria Lightweight finendo a podio dietro a Baker e Katayama, dimostrando subito di che pasta era fatto. Nel 78 debuttò finalmente nel campionato AMA F1 Road Race in sella alla TZ promessa da Cameron e i buoni piazzamenti gli valsero la convocazione nella squadra USA per l’AGV Nations Cup di Imola. Insieme a Cooley, Aksland, Mamola, Singleton e Roberts, intendiamoci.
Prenderla così com’è, un grande business
Le conferme pesanti arrivarono nel biennio 79/80, quando Schlachter portò a casa due titoli AMA F1 consecutivi. Per farsi un’idea del livello: quel campionato era nato nel 1976, prima di lui centrarono l’impresa solo Cleek, Baker e Roberts. Gli rimase però la voglia d’Europa e, sostenuto da Cameron, poté tornare nel vecchio continente per un paio di mesi, intenzionato a provare qualche gara di Gran Premio. Portarono con sé una 250GP, un Ford Transit di seconda mano e delle tende… niente balle!
Esordì quindi a Hockenheim finendo sesto dopo una battaglia con Nieto, fece un ritiro a Monza, un secondo posto in qualifica al Paul Ricard, per poi chiudere quarto a Jarama e Silverstone, timbrando in entrambe le occasioni il giro veloce. Nonostante il ritorno in America con sole cinque gare disputate su un mezzo non ufficiale, chiuse nono assoluto nel Mondiale. Si convinse a riprovarci seriamente. Tuttavia, questi acuti non gli valsero grandi sponsor per la stagione successiva e fu il destino a sbattergli la porta in faccia: la nuova moto si rivelò un fiasco e Richard si ruppe seriamente una spalla in una caduta. Corse dunque qualche gara sottotono e, conclusa la stagione 81/82, decise di non tornare più al Mondiale senza un degno supporto, che non arrivò mai. Diede ancora battaglia in qualche gara AMA fino a metà anni Ottanta, prima di chiudere definitivamente con le corse per dedicarsi alla falegnameria, il lavoro che imparò da ragazzo. Lo trovate ancora in Connecticut impegnato con il legno. Senza rimpianti, sempre tosto nel ruotare il polso destro.
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