Non è da tutti essere l’eroe dei due mondi, è già abbastanza difficile vincere un campionato del mondo…
Articolo di Matteo Scarsi
L’incolpevole protagonista di questa vicenda è una Lancia 037 EVO 2, icona del rallysmo internazionale e ultima vettura a due ruote motrici a conquistare il WRC, al centro di una scommessa molto, troppo ardita. Fu il team giapponese Rosso Competition a concepire l’idea di partecipare alla celebre serie locale JGTC (Japanese Grand Touring Championship) con un mezzo insolitamente esotico.
La prima metà degli anni Novanta vide l’epilogo del Campionato Giapponese Prototipi (JSPC) a causa dell’escalation di costi divenuta quasi insostenibile per case e scuderie impegnate in uno scenario nazionale. Ciò che ne seguì, il JGTC appunto, nasceva per consentire la partecipazione a un novero più ampio di vetture meno impegnative e costose da gestire: per questo motivo, specie nei primi anni, vi fu una notevole varietà di forme, cilindrate e configurazioni.
Il Campionato 1994
Il fatto che la 037 fosse nata per i tortuosi percorsi delle prove speciali non scoraggiò il team che la acquistò e assoldò il pilota Naohiro Furuya (allora ventisettenne e che aveva esordito nel 1988 nella Formula 3 italiana). Con la stessa identica livrea con cui aveva raggiunto il successo 11 anni prima (e a otto dalla cancellazione del Gruppo B) si presentò quindi in griglia per la terza tappa del Campionato 1994, sul lungo e velocissimo circuito del Fuji.
Era senza dubbio il peggior terreno possibile per vedersela con rivali molto più giovani e dedicati a questa disciplina. Il chilometrico rettilineo del traguardo e i curvoni in appoggio erano quanto di peggio si potesse auspicare per una macchina agile e nata per operare con rapportature corte. La colorazione era un puro omaggio alla memoria del mezzo poiché Martini non fu minimamente coinvolta nell’operazione.
La 037 in partenza tra le supercar
Poche modifiche furono apportate al veicolo, non sufficienti a colmare il gap prestazionale. Nuovo gruppo ruota dal diametro maggiorato – cerchi Work Meister S1 e gomme slick Goodyear al posto degli Speedline da 16” – e una serie di piccole aperture volta a migliorare il raffreddamento della meccanica. Ironia della sorte la 037 fu inserita nel raggruppamento principale, detto GT1 o GT500. Riservato a vetture con potenza indicativa prossima (o superiore) ai 500 cavalli, nonostante il 2.000 Abarth sovralimentato con compressore volumetrico non andasse oltre i 325. Per intenderci, la griglia di partenza annoverava Ferrari F40, Porsche 962, Nissan Skyline GTR R32, Porsche 911 Turbo e RSR, Toyota Supra. Tutte (962 a parte) supercar e sportcar estesamente modificate con carrozzerie aerodinamiche, carreggiate allargate, motori potenziati e corposi alleggerimenti, in grado di esprimere tra i 430 e i 480 cavalli.
Il pesante risultato della Lancia 037
La rapportatura corta di estrazione rallystica era studiata per garantire una velocità massima di circa 210 chilometri orari, misura difficilmente raggiungibile sui contorti percorsi in mezzo a boschi e strade di montagna. Valore però totalmente insufficiente in pista. I risultati furono ovviamente abbastanza impietosi, con un penultimo posto in qualifica (frutto solo di problemi a una Nissan che fu relegata in ultima posizione) con punte velocistiche di poco superiori ai 170 orari.
Per dare un’idea della forbice prestazionale il tempo della Lancia fu di 1:58:324, quello della Porsche 962C in pole position 1:32:732, più di 25 secondi! In gara Furuya cercò di portare l’auto al traguardo evitando di sovraccaricare la meccanica (non avvezza all’operare per tempi prolungati in zona rossa) ottenendo un dodicesimo posto finale su 16 auto giunte al traguardo (nono di classe) a ben 7 giri dal vincitore (per la cronaca, la Porsche 962C Taisan numero 35) completando 49 giri nel tempo di 1 ora 34:06.841. Anche in questo caso furono i problemi tecnici occorsi a un paio di concorrenti a rendere meno pesante il risultato.
L’International Endurance GT
L’intenzione della squadra era quella di iscrivere la vettura in un’altra gara successiva, la 1000 km di Suzuka, una maratona di ben sei ore che rendeva necessario dotarsi di un equipaggio più nutrito. Questa volta il campionato era il BPR, o International Endurance GT, se possibile ancora più competitivo. Vennero contattati i piloti Syuuji Fujii e l’olandese Cor Euser e, sebbene la Lancia 037 venne inserita nel raggruppamento GT3, meno estremo rispetto ai concorrenti, risultava pur sempre marcatamente inferiore rispetto alle avversarie più giovani come Porsche 911 Carrera e Honda NSX.
La prospettiva di un’altra gara di regolarità passata a fare attenzione negli specchietti a non essere d’intralcio ai velocissimi prototipi dissuase gli uomini della Rosso Competition, che decisero così di gettare la spugna poco prima delle qualifiche. Nonostante la fugace e poco lusinghiera apparizione la Lancia 037 conservò una certa memoria presso il pubblico giapponese, colpito dalla scelta inconsueta di esibirla in un contesto a lei così alieno. Di questa 037 esistono infatti un modello in scala in kit prodotto dalla celebre Hasegawa, oltre a numerose altre riproduzioni per collezionisti.
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