Entry level a tre cilindri, non è una classica ma non sembra un robot. Avrà dalla sua un’immagine figa e adulta. E dotazioni di livello superiore. Negli anni Novanta venne quasi ignorata, ora l’erede potrebbe fare il botto (nonostante la differenza di prezzo con le jap)
Articolo di Fabio Cormio
Io una vecchia Trident, quella degli anni Novanta (non scomodiamo il modello di vent’anni prima, che davvero non c’entra niente), l’ho provata. Era una versione 750 (la fecero anche 900), era un esemplare completamente originale, nonostante fosse nelle disponibilità di un grande customizer come il mio buon amico Nicola Martini. L’ho provata in tempi abbastanza recenti, con l’opportunità di saltare in sella, nello stessa occasione, ad altre triple dei bei vecchi tempi: una Daytona 955, una Speed Triple 885 e persino una rara Daytona Super III (per i patiti del Joe Bar: era quella di Jean Manchzek). La nota autobiografica per ricordare come, in mezzo a questo manipolo di moto che, in un modo o in un altro, ha lasciato un segno per la propria personalità, la Trident era considerata una cenerentola: un modello quasi dimenticato, una entry level sui generis proposta da un marchio che – in particolare allora – con le entry level non ci azzeccava davvero niente. Aveva qualche richiamo alla tradizione ma il tipo di telaio, la sospensione posteriore e soprattutto il motore raffreddato a liquido la rendevano di fatto una moto moderna.
La Trident sta per tornare
Ora la Trident sta per tornare: qualche settimana fa hanno cominciato a circolare le classiche foto spia, che hanno preceduto di poco le comunicazioni ufficiali Triumph, che nonostante la livrea vedo-non-vedo mostra quasi tutto della nuova nuda. Con la progenitrice, la nuova Trident condivide essenzialmente la filosofia: è una moto senza fronzoli, svelta ma non sportiva. E promette una guida estremamente facile. Spinta con ogni probabilità dal 660 (quello della Street Tripler S), rivisto in modo da erogare un’ottantina di cavalli, sarà disponibile anche in versione depotenziata per i possessori di patente A2 (48 CV), quindi punta a inserirsi in un segmento di mercato dove la battaglia è serrata. Le concorrenti si chiamano MT-07, Kawasaki Z650, Honda CB 650. Solo che ci sono un paio di differenze sostanziali: la prima è il prezzo, che sarà un po’ più alto di quello delle giapponesi; abbiamo motivo di credere che si partirà da 8.500 euro. Se è vero che per le entry level il prezzo conta moltissimo, è anche vero che la Trident offrirà molto: una strumentazione TFT iperconnessa, controllo di trazione, quasi sicuramente mappature selezionabili… e di certo un’immagine da moto figa, conferitale non solo dal marchio in sé ma dai contenuti e dalle finiture.
Fascino heritage
Quest’ultimo dato, quello della figaggine, sembra il più inconsistente ma in effetti è essenziale, perché eleva la Trident a rivale di moto di altri marchi premium e che tecnicamente appartengono a segmenti di mercato differenti, tipo la Ducati Scrambler 800 (poco più di 9.000 euro) e BMW F800R (circa 9.000 euro). Se negli anni Novanta la ricetta della Trident sembrava un po’ fuori fuoco nel contesto del mercato di allora, quella nuova potrebbe incontrare il favore di un pubblico giovane che, oggi più di ieri, apprezza il fascino heritage (che questa moto inevitabilmente porterà con sé), ma anche di tutti coloro che cercano una naked facile e dalla buona immagine. Cannibalizzerà la Street? Staremo a vedere.
La Trident sarà svelata prossimamente e arriverà sul mercato nei primi mesi del 2021.