Il figlio dell’ex iridato della 500 tenta di farsi largo in Moto2 per lanciarsi in top class: rapido ma incline agli inciampi, racconta di essere cresciuto a suon di batoste fisiche e mentali

Articolo di Jeffrey Zani
Foto: Onexox TKKR SAG Team 

Sott’acqua, immobile, senza bombole, una fiocina in mano e in attesa della preda, Remy Gardner non sta facendo semplicemente pesca subacquea: per sua stessa ammissione sta lavorando su pratiche che gli servono anche su due ruote, quando la caccia non la dà ai pesci, ma a qualche buon risultato in Moto2. «Per stare a lungo in apnea ti devi rilassare, concentrandoti al massimo e controllando il battito cardiaco», spiega. «Quando sono in sella alla mia Kalex, nei rettilinei, cerco di fare lo stesso. Lì però posso respirare, e lo faccio profondamente». Il ventiduenne nato nell’australiana Sydney e trapiantato a Barcellona, in Spagna, l’anno scorso e nell’atipico 2020 ha mostrato lampi interessanti: allo stesso tempo veloce e incostante, ha concretizzato poco ed è finito spesso a terra, tre podi all’attivo. Ma ciò non gli ha impedito di rientrare in alcuni gossip relativi a un possibile passaggio in MotoGP, anche se è finito tutto in una fumata nera: il prossimo anno correrà nella classe di mezzo con il team Red Bull KTM Ajo.

«Sono uno a cui piace imparare, quando sono insieme a qualcuno che ne sa più di me sto zitto e ascolto. Perché nella vita come nelle corse, più ne sai e meglio è. Qualche mese fa mi stavo avvicinando allo yoga, pure, e leggevo libri che potevano aiutarmi a progredire mentalmente come Speed secrets» curato da Ross Bentley. Tutto fa brodo, insomma, anche se le lezioni più proficue vengono dalle esperienze. Soprattutto complicate: «Le prove più dure le ho probabilmente superate nel biennio 2017-18, correvo in Moto2 con il team Tech3 usando il telaio Mistral. Girava tutto storto. Il primo anno ero costantemente più lento del mio compagno di squadra e quando nei test per la stagione successiva esordì insieme a noi un nuovo pilota, rookie della categoria, andò più veloce di me dopo appena due giorni. Fu uno shock. Ero triste, senza fiducia, moralmente giù. Poi mi suggerirono di provare la moto del mio compagno di squadra e in pochi giri feci dei temponi. Capimmo che avevo buttato via un anno intero e che il suo telaio, sulla carta identico al mio, in realtà era parecchio diverso. Ciò era probabilmente dovuto a qualche problema di costruzione. A quel punto realizzai che su una moto competitiva potevo stare davanti, ne avevo la capacità. Nel 2019, passato alla ciclistica Kalex e all’Onexox TKKR SAG Team, sono stato subito veloce». 

Nel frattempo, però, aveva dovuto attraversare inferno e purgatorio di un infortunio decisamente tosto: «Nel 2018 mi disintegrai le gambe facendo cross, lavorai come un pazzo per tornare in sella alla svelta ma ero veramente debole, durante la prima gara a un certo punto iniziai a vedere tutto offuscato e a sentire la testa strana. Riuscii a finire in zona punti, ma appena rientrato ai box vomitai in un cestino dell’immondizia. Da tutto questo, alla fine, sono uscito psicologicamente più forte. E per chi corre in moto è un aspetto dannatamente importante». 

Così come lo è distrarsi, a volte. Dedicandosi agli hobby, soprattutto, come il surf, la pesca subacquea e i lavori sulle auto: «Ho una bella officina e sono un amante dei mezzi vintage. Ho lavorato come un matto su una Volvo Amazon del 1969 che ho restaurato e radicalmente modificato, per passare da novanta a oltre trecento cavalli. Quando è bagnato amo fare i traversi nelle rotonde». 

In controsterzo, gli pneumatici posteriori che fumano e avvolgono la stilosissima carrozzeria della classica svedese. Sperando che papà Wayne non sia nei paraggi per rimproverarlo o farsi una risata. Già, perché Remy è il figlio del campione del mondo della classe regina anno 1987, quando ha sbaragliato la concorrenza sull’iconica Honda 500 sponsorizzata Rothmans. «È stato il mio grande, unico maestro». La sua figura ha rappresentato un vantaggio pieno di rischi: poteva offrire trucchi e scorciatoie, così come aumentare la pressione e le distrazioni. «Nella mia carriera è arrivato il momento in cui dovevo andare avanti da solo e non ho esitato a dirglielo. Il fatto è che io non sono il figlio di Wayne. Sono Remy. E corro per dimostralo».

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