Il ritmo scandito dalla routine di ognuno di noi è stato scosso da un brusco cambiamento. Mentre febbraio lasciava posto a marzo e ogni cosa si fermava abbiamo riscoperto il valore del ricordo 

Articolo di Marco Masetti

Ebbene sì, lo confesso: sono un bibliofilo. Che non è una delle tante perversioni sessuali, grazie alla quali l’industria del porno e del tracciamento di dati ha fatto di inclinazioni e deviazioni un fiorente mercato che ha, tra l’altro, trasformato in target e in mercato il sesso. È solo che, fin da bambino, mi sono sempre piaciuti i libri. Ma anche i giornali, così ho accumulato tonnellate di carta. Mi sono anche fatto un regalo: due librerie di dimensioni interessanti posizionate nel mio studio da riempire con tutto quello che ho raccolto negli anni. Che, ovviamente, è la minima parte di quello che vorrei avere, ma già così è un bel capitale. Impreziosito da molte prime edizioni e copie autografate dall’autore del libro o dal soggetto.

Pescando a caso c’è di tutto: la copia con il primo articolo firmato agli albori della mia vita professionale, libri in lingue che ignoro (ad esempio il finlandese o il ceco), miliardi di parole e di immagini tra le quali mi piace navigare. È più faticoso rispetto a Google, ma di grande soddisfazione, anche perché c’è l’aspetto fisico della questione: le grammature della carta, gli odori, i diversi gradi di patinatura. Ma anche le notti insonni per finire quel libro o quell’articolo, i ricordi di una gara, i sogni e i tonfi che tutto questo racconta. Va bene, se non amate tutto ciò chiudo l’argomento, non prima però di avervi raccontato del ritrovamento di un librino formato Sellerio blu con la copertina dello stesso colore e un titolo stringatissimo: Daily/Diary. L’agenda dell’anno che stiamo vivendo!

Una stretta al cuore

Lo apro ed esce un biglietto da visita, il mio. È di una società europea, la WCRB (World Classic Racing Bikes) che raggruppa collezionisti di moto da corsa. Io sono il curatore delle mostre, quelle che avremmo dovuto allestire nei paddock della MotoGP in questa stagione e che, purtroppo, forse rivedremo il prossimo anno. Una stretta al cuore, la prima scoperta di un anno che non è ancora iniziato. Gennaio e febbraio scorrono con le prime attività di stagione: un viaggio di lavoro in Spagna, altri in Italia. Poi iniziano le gare e i problemi. La mia compagna parte per l’Australia dove lavorerà per la prima di stagione del Mondiale Superbike. È il medical director del campionato, ma sa già che sarà un viaggio difficile. Lei sa benissimo che sta per iniziare il dramma chiamato Covid-19, io inizio a pensarci. Ma c’è chi pensa più in fretta di me e, in poche ore, l’emittente televisiva per la quale lavoro annulla la trasferta in Qatar. Per la prima volta dal 2004 salto la data di Doha. Ecco, da quel momento in cui febbraio lasciava posto a marzo ogni cosa si ferma. Come è successo a tutti. 

E inizia una Spoon River di eventi più o meno titolati, di uscite in moto, di shake down di moto d’epoca appena rimesse in funzione. Non vedo per un periodo lungo mia madre, le mie moto, i miei amici. Per fortuna li ritrovo, dopo un lungo stop, ma stanno tutti bene. Mi è andata bene, anzi, benissimo. In fin dei conti ho passato due mesi nel mio studio tra tonnellate di carta. Un utero confortevole e protettivo nel quale ho passato pomeriggi e serate di ozio creativo. Di fatto sono riuscito a riscoprire il valore del ricordo. Ho visto migliaia di facce di piloti oggi veterani e all’epoca poco più che bimbetti, moto che ho sognato. Ho studiato dettagli, mi sono perso nell’evoluzione della rappresentazione della moto e dello sport che si chiama motociclismo. Un viaggio spettacolare e appassionante che meritava di essere fatto e che rifarò. Possibilmente non costretto da una pestilenza.


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