Finito il lockdown siamo usciti di casa più poveri, anche di contenuti. Nello sport si registra una totale mancanza di classe e tutto ruota attorno a notizie morbose, strategie di mercato, ingaggi, licenziamenti, rotture e tensioni. Ma c’è bisogno di ragazzi che si appassionino al motociclismo e che continuino la storia infinita delle due ruote a motore
Articolo di Marco Masetti
foto di Mirco Lazzari
Andrà tutto bene. Ve lo ricordate lo striscione decorato con un arcobaleno che, in pieno lockdown, la gente appendeva ai balconi? Un messaggio di speranza, messo in mostra per dare morale a chi lo leggeva; un segnale di vita in un mondo bloccato. Bello, positivo (aggettivo che in questo 2020 ha cambiato segno, assumendo connotazioni negative) e, aggiungo, ben poco profetico. Perché bene non è andata e, se non siete convinti, chiedetelo a chi ha perso familiari e amici, lavoro e casa. Perché le cose vadano bene non basta avere un atteggiamento spavaldo, sbattersene delle regole «tanto c***o vuoi che mi succeda», perché il mondo è complesso.
Siamo usciti di casa più poveri, a meno di non aver trafficato in mascherine e disinfettanti al mercato nero, e lo saremo probabilmente per un pezzo. E sbattersene di questo piccolo problema non è facile. La decrescita infelice non fa piacere, incattivisce un mondo già incattivito di suo. Ma questi sono i problemi seri, quelli grandi, grossi che non si spaventano di fronte a un gradassetto di periferia. Anche nel nostro piccolo le cose sono peggiorate, anche dal punto di vista dello stile. La totale mancanza di classe che emerge nello sport e in quello che gli gira attorno. Leggiamo che Danilo Petrucci e Álex Márquez hanno di fatto già perso il posto per la prossima stagione. Notizie morbose, strategie di mercato che diventano per qualcuno più interessanti dello sport stesso. Mi dicono che si parla sempre di ingaggi, licenziamenti, trasferimenti, rotture e tensioni perché la gente vuole questo. Mah, sarà; però sembra solo una riproposizione in minor delle dinamiche che ruotano attorno al calcio, sport in cui, pare, faccia più notizia la soffiata di un procuratore rispetto all’impresa di un campione.
c’è poco amore
Credo che nessuno si sia appassionato di uno sport leggendo di mercato, ma questo passa il convento. Personalmente sono innamorato del motociclismo dall’infanzia e allora di mercato si parlava pochissimo, in tv passavano poche immagini tremolanti in bianco e nero e c’erano campioni del mondo che andavano avanti a panini. Molti dormivano in tenda, anche nel Nord Europa, nessuno aveva fan club, grafiche personalizzate, eppure c’erano centinaia di migliaia di persone assiepate attorno alla pista, fuori di testa per i loro eroi. E gli eroi, anche se popolari, erano amati. Ecco, c’è poco amore, e questo mi fa dire che non tutto andrà bene. Mi infastidisce l’idea che Alex Marquez – che probabilmente non è un iper-fenomeno come il fratello Marc, ma che due Mondiali li ha vinti a 24 anni appena compiuti – sia già in predicato di essere sostituito dopo aver fatto solo pochi chilometri nei test precampionato. Anche Petrucci, prima di iniziare la sua seconda stagione da ufficiale, ha perso il posto. Pare non sia l’uomo giusto, eppure lo scorso anno ha vinto una gara, impresa che non è riuscita a molti colleghi. Non discuto le scelte delle aziende, che hanno altro per la testa, però avverto una mancanza di eleganza che non credo faccia bene a uno sport caratterizzato dall’importanza dei valori umani.
Nessun problema, sappiamo che il motociclismo sportivo esiste da più di un secolo e ha attraversato due guerre mondiali, la spagnola, l’AIDS, la guerra fredda, la crisi petrolifera del 1973 e del 1979. Abbiamo le spalle robuste, uomini validi che corrono e costruiscono moto, gente che riesce a mettere assieme budget anche in tempo di crisi, quindi andrà tutto bene. Davvero? Basterà? Di sicuro c’è bisogno di ragazzi che si appassionino allo sport e che continuino la storia infinita delle due ruote a motore. Di sicuro questo non accadrà cantando le lodi di manager spietati e delle loro manovre.
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