Quanto l’essere umano riesce ad abbrutirsi in videoconferenza? Senza un limite. Ma visto che smartphone e pc sono diventati (ahinoi) il nostro unico tramite verso il mondo, sarà il caso di darsi una regolata. Ce la facciamo?
Di Marco Masetti
Si potrebbe definire il manifesto della decrescita felice, definizione che a me fa venire in mente lo zuccherino con il quale mandar giù un’amara medicina, ma è meglio la saggezza popolare. Quindi “piuttosto che niente, è meglio piuttosto”, frase fondante di un mondo più povero nel quale ci si arrangiava senza tanti fronzoli.
Il mondo nel quale stiamo vivendo, con tanto di virus e pandemia, ci sta insegnando a far di necessità virtù, anche in campo lavorativo e in quello dell’informazione. Non ci si può spostare, non ci si può incontrare, abbiamo la paranoia del contagio? Nessun problema, ci pensa mamma elettronica che, armata di smartphone, tablet, computer, ci mette a disposizione programmi e applicazioni per fare conferenze, per intervenire sui social, per collegarci. Fantastico, eccezionale, smart, ma qualche difetto c’è.
Il primo è la disparità tra gli individui e qui inizia il dramma, vissuto in questi mesi fatti di videoconferenze, dirette eccetera, eccetera.
Ho visto cose terribili, ma le avrete viste anche voi. Ovvero, gente che non sa parlare in video, che ha scarsa dimestichezza con la materia, che ha una brutta riuscita in video, che ha attrezzi vecchi come Noè e, soprattutto, connessioni raccapriccianti. Figurette che si muovono a scatti e che ogni tanto si perdono nell’etere, schermi neri con una voce che giunge da lontano, oppure mani che gesticolano per dare enfasi ad un discorso, peccato che il microfono sia chiuso.
Dovrebbero insegnarlo ovunque “come ci si porge” in video, perché è un attimo fare una figura di guano e perdere un buon affare, una possibile anima gemella o la stima di chi lavora con te. Un mio caro amico, noto opinionista del settore moto ha un feeling scarso con queste cose. È uno importante, ma della forma si è sempre curato pochissimo e si vede. Ecco come lo potete vedere: luce sbagliata che proviene da un lampadario con cristalli a goccia che avrebbe fatto la gioia della zia Pina, sullo sfondo una finestra con la tapparella (in plastica verdognola) tirata giù che nemmeno a casa dei narcos nemmeno una tenda a salvare il dramma estetico. Quadretti sullo sfondo, obiettivo del computer sporco da eoni con incrostazioni inquietanti. E faccia a tre centimetri dallo schermo, in piena distorsione. Ma lui è lui e può farlo.
Poi ci sono quelli con barbe da eremita nel deserto, felponi scuri con aloni sospetti, occhiaie profonde che indicano la probabile propensione per la vita malsana del nerd e lunghe sedute su siti inneggianti alla pratica onanistica reiterata. Sullo sfondo, spesso campeggiano librerie di un noto marchio svedese, riempite di cianfrusaglie, pupazzi, letture non certo eccelse, paccottiglia cinese. Cari ragazzi, la gente entra a casa vostra, almeno date una ripulita e, se non siete intellettuali è inutile schierare enciclopedie comprate dal babbo da un venditore porta a porta nel 1970. Piuttosto prendete i libri finti nei negozi di arredo. Lo fece anche uno storico ex presidente del consiglio per dare tono al suo studio ai tempi della sua discesa in campo. Almeno lui aveva una signora che curava la sua immagine, che sceglieva cravatte e luci, filtri per gli obiettivi e piante ornamentali.
Non siete fighetti? Nessun problema, però una pettinata ve la potete dare, a meno che non siate il frontman di una tribute band dei Nirvana. E poi contestualizzate: mettete in mostra qualcosa che vi valorizzi: un gatto, una chitarra elettrica, un oggetto importante… Altrimenti fate come vi pare, ma se sentite sghignazzare, forse non è per le battute che dite.
Un fondamentale: mai l’inquadratura dal basso in alto. Mettete in linea obiettivo e occhi, vedrete un netto miglioramento, scegliete le luci, magari non quelle ecologiche che emanano una luce fredda che fa risaltare rughe e difetti della pelle. Ma soprattutto, guardate bene l’inquadratura, soprattutto se in casa state in mutande e avete il vizio di ravanarvi la gioielleria.