Mir vince il mondiale della MotoGP, ma alla gente interessa la madre. Un brutto segnale per chi crede che le gare siano importanti. Per media e social conta di più un paio di gambe…
Articolo di Marco Masetti
La fronte imperlata di sudore, la pressione arteriosa che sale rapida, l’occhio a palla sempre più vicino al buco della serratura… Dietro la porta c’è la procace dottoressa del distretto militare che scopre un po’ le chiappe, oppure la profonda scollatura. Ecco, in sintesi, buona parte delle sexy commedie all’italiana, sottogenere cinematografico popolarissimo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli Ottanta. Vero e proprio genere che ebbe grandi interpreti maschili come Alvaro Vitali, Lando Buzzanca, Renzo Montagnani, Lino Banfi e molte attrici divenute poi popolarissime che rispondono ai nomi di Gloria Guida, Edwige Fenech, Anna Maria Rizzoli, Barbara Bouchet, Michela Miti…
Un mondo fatto di maschi perennemente allupati e di bellone apparentemente sciocche che mostravano un po’ delle loro grazie scatenando reazioni ormonali graditissime dalle Case di produzione cinematografiche che incassavano cifre notevoli a fronte di costi di produzione non certo da kolossal. Era la rappresentazione di una sessualità ancora pecoreccia, da caserma, di grana grossa, frutto di secolari repressioni, di machismo da bar sport. Molto voyeurismo, tante pippe, in sintesi.
Ma questa era l’Italia di quaranta e passa anni fa o quella di oggi, apparentemente evoluta, libera e spregiudicata? Temo che la risposta esatta sia una costernante considerazione: ci siamo evoluti, soprattutto nei consumi, ma nella testa somigliamo molto ai nostri connazionali di mezzo secolo fa. Domenica scorsa, dopo la gara che ha incoronato Joan Mir campione del mondo dopo una gara vinta in maniera perentoria da Franco Morbidelli, ci si aspettava che qualcosa si muovesse, anche sui social e sui media di casa nostra. In fin dei conti questa stagione ha espresso un verdetto spietato: il ricambio generazionale si sta completando e per le vecchie star c’è rimasto poco. La Suzuki ha vinto dopo vent’anni grazie anche ad un italiano che è riuscito a farsi amare dai giapponesi e a farli ragionare come dice lui. Davide Brivio da una parte e Joan Mir dall’altra. Due che si sono fatti strada con il lavoro e con l’impegno. Il pilota è uno che era già inquadrato mentalmente da vero big anche in Moto3; professionalità e competitività, anche perché in famiglia non c’erano da buttar via centinaia di migliaia di euro ad ogni stagione.
Mettiamoci anche la brutta figura di Yamaha e Ducati, che si salvano con i team satellite, la KTM che è entrata di diritto nell’aristocrazia da corsa. Bene, di roba interessante sulla quale puntare l’attenzione pare ce ne fosse parecchia. E invece è bastata una foto della signora Ana Mayrata, madre di Joan Mir, per scatenare il popolo dei social. Una foto in cui si vede una donna dalla bella figura e dal sorriso solare, tutto qui. Ma c’è una gonna sopra il ginocchio e il popolo dei MDF (sigla che raggruppa i tanti, troppi, morti di figa del nostro Paese) si scatena. Ma non lo fa nelle sedi apposite, cioè nei gruppi e siti che costituiscono l’equivalente moderno della sexy commedia all’italiana. No, lo fanno, media compresi, dove si dovrebbe parlare d’altro. Ovvero di un Mondiale storico e che, per tanti versi, meriterebbe analisi approfondite che speravo di leggere nel dopo gara.
E invece no: occhi pallati, buchi della serratura, guardoni repressi. Come ai tempi di Pierino e Michela Miti.