Ferrari F40: i trent’anni di una leggenda

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Presentata esattamente trent’anni fa e creata per celebrare il 40º anniversario della Casa di Maranello, la Ferrari F40 fu l’ultima vettura a essere costruita sotto la supervisione del fondatore Enzo Ferrari.

Un’auto definitiva, massima espressione della tecnologia allora messa a punto dal Cavallino. Rampante ma, allo stesso tempo, un ritorno alle origini, quando le vetture da competizione erano le stesse guidate su strada. Derivazione estrema della 308 GTB e del prototipo denominato 288 GTO Evoluzione, la Ferrari F40 è un capolavoro d’ingegneria e di stile, entrato nell’immaginario collettivo come simbolo di un’epoca.

Nell’anniversario della sua nascita – avvenuta il 21 luglio 1987 al Centro Civico di Maranello, dove oggi sorge il Museo Ferrari e dove ora è esposta per la mostra Under the Skin, dedicata all’evoluzione d’innovazione e stile nei settant’anni di storia della Casa – Ferrari ha raccolto i ricordi di tre dei suoi artefici: Ermanno Bonfiglioli, allora Responsabile Progetti Speciali, Leonardo Fioravanti, che per Pininfarina lavorò al design, e il collaudatore Dario Benuzzi.

Ermanno Bonfiglioli che, in qualità di Responsabile Progetti Speciali si occupava di motori sovralimentati, non ha dimenticato l’emozione di quel 21 luglio: «Non ho mai vissuto una presentazione come quella della F40. Quando fu tolto il telo dalla vettura, la sala fu percorsa da un brusio seguito da un fragoroso applauso. Nessuno, se non gli stretti collaboratori di Enzo Ferrari, l’aveva ancora vista. L’iter di sviluppo e sperimentazione era stato avvolto, infatti, da una segretezza insolita all’interno dell’azienda. E la sorpresa per un simile salto stilistico fu quasi uno shock. Insolita fu anche la tempistica del progetto, che nell’arco brevissimo di tredici mesi vide telaio e carrozzeria progredire rapidamente e di pari passo con il motopropulsore. Era il giugno del 1986 quando iniziammo la progettazione di quel motore siglato F 120 A. L’8 cilindri biturbo da 478 CV era una derivazione dalla 288 GTO Evoluzione, eppure una serie di contenuti innovativi permisero alla F40 di essere la prima Ferrari stradale a superare i 320 chilometri orari. Massima attenzione venne dedicata al peso, grazie anche a un ampio utilizzo del magnesio: coppa dell’olio, coperchi teste, collettori di aspirazione, campana del cambio erano di questo materiale, che costava cinque volte la lega di alluminio e che non è stato poi più utilizzato in tale misura nelle vetture di serie successive. E questo è solo un piccolo esempio della straordinarietà di questa vettura».

Leonardo Fioravanti era designer per Pininfarina quando venne invitato a Fiorano da Enzo Ferrari per provare la 288 GTO Evoluzione: «Quando chiese il mio giudizio su questo prototipo sperimentale, che per problemi regolamentari non entrò in produzione, non nascosi il mio entusiasmo di pilota amatoriale per l’accelerazione strepitosa dei suoi 650 CV. Fu allora che il Commendatore mi parlò per la prima volta del suo desiderio di ripartire da quel progetto per produrre una vera Ferrari. Sapevamo, come sapeva lui per primo, che sarebbe stata la sua ultima automobile e ci buttammo a capofitto sul lavoro. L’ottimizzazione aereodinamica fu oggetto di un’approfondita ricerca in Galleria del Vento, per ottenere i coefficienti adatti alla Ferrari stradale più potente di sempre. Lo stile è all’altezza delle sue prestazioni: il cofano basso con uno sbalzo ridottissimo, le prese d’aria NACA e l’alettone posteriore, che la matita del mio collega Aldo Brovarone volle ad angolo retto, l’hanno resa celebre. Se dovessi indicare una ragione su tutte del successo della F40, direi proprio la sua linea, che riesce a trasmettere immediatamente l’eccezionalità dei contenuti tecnici: velocità, leggerezza, prestazionalità».

Dario Benuzzi, test driver con una lunghissima esperienza in Ferrari, partecipò a un lavoro di collaudo arduo e meticoloso: «La guidabilità dei primi prototipi era scarsa. Per domare la potenza del motore e renderla compatibile con un modello stradale fu necessario sottoporre a innumerevoli test ogni aspetto della macchina: dai turbocompressori all’impianto frenante, dagli ammortizzatori agli pneumatici. Il risultato fu un eccellente carico aereodinamico e un’alta stabilità anche a velocità estreme. Altri aspetti importanti sono il telaio tubolare d’acciaio con pannelli di rinforzo in kevlar, che offre una rigidezza torsionale tre volte superiore alle altre vetture del periodo, e un’inedita carrozzeria realizzata principalmente con materiali compositi che riducono il peso a soli 1.100 chili. Ottenemmo esattamente la vettura che volevamo, con pochi comfort e senza compromessi: priva di servosterzo, servofreno e dispositivi elettronici, richiede abilità e impegno al pilota, ma lo ripaga generosamente con un’esperienza di guida unica. La precisione della sterzata, la tenuta stradale, la potenza dei freni e l’intensità dell’accelerazione, raggiunsero livelli allora ineguagliati per un’auto stradale».

Meraviglia d’ingegneria e stile, la F40 rimarrà per sempre un numero scolpito nella storia dell’automobilismo. Un vero e proprio mito e che, negli anni Ottanta, contribuì in maniera determinante ad accendere la passione e l’orgoglio di ogni appassionato di auto e del marchio del Cavallino.

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