John è stato l’uomo (non solo il Beatle) che abbiamo avuto e che forse non ci meritavamo. A 80 anni dalla nascita – e a 40 dalla morte – lo ricordano la terza cover digitale di Riders e un concerto in diretta streaming
Articolo di Fabio Cormio @fabiocormio, illustrazione di Andrea Piomboni @piombogram, clip di Federico Achilli
Tutti i ragazzi nati prima degli Anni ’80 hanno un Beatle preferito. Paul, John (di solito sono questi due a giocarsela), George e Ringo: potrei dirvi che il mio è Lennon, ma mentirei. Chi guarda alla musica dalla prospettiva delle sei corde, spesso ha un debole per Harrison e dal punto di vista strettamente musicale vale anche per me.
La dimensione di John Lennon, però, va davvero molto oltre e si dovrebbe essere molto miopi per non vederlo. John non è solo uno dei Beatles. Nemmeno gli altri tre? D’accordo, ma lui meno di tutti. Anzi, per dirla chiara John non è solo un musicista, ma un artista, un umanista. Filosofo pop, romantico eppure materialista: “Non sono più alla ricerca di un guru. Non sto più cercando niente. Non c’è ricerca, non c’è una strada da imboccare, non c’è niente”, disse.
Lennon è uno che ha passato la vita a cambiare pagina e anche per questo è una delle grandi icone del XX secolo: “La gente che è rimasta ancorata ai Beatles e al sogno degli anni Sessanta ha perso di vista l’orizzonte non appena i Beatles e gli anni Sessanta sono diventati l’orizzonte. Portarseli dietro tutta la vita sarebbe come portarsi dietro Glenn Miller e la seconda guerra mondiale”. Anche se aveva una alta considerazione di se stesso, John non era un divo, perlomeno non il tipo di divo che intendiamo oggi. In seconde nozze sposò una bizzarra artista giapponese (dal culo basso, mi sia perdonato il “body shaming” ma è per dire che non ha avuto bisogno di trovarsi una venere e chissà quante avrebbe potuto averne), non certo una star di Hollywood. Nelle istantanee della sua vita artistica sembra un omino del lego, pronto a vestire mille look: perfetto beat con completino d’ordinanza e capelli a scodella all’inizio dei ’60; rocker impellicciato dalla chioma selvaggia al concerto rooftop del ’69; in tenuta adamitica con Yoko sempre nel ’69 (per la loro protesta “bed-in” contro la guerra del Vietnam); esistenzialista glabro o barbuto ai tempi di Imagine e Working Class Hero.
SUPERARE IL SIMBOLO
Come accade con Che Guevara, Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Jimi Hendrix, Elvis Presley e Kurt Cobain, il rischio è quello di trasformare l’icona in feticcio, cioè in qualcosa da adorare per il suo potere magico, incorrendo così nel rischio di non “affrontarla”, di non interpretarla. Lui stesso conosceva bene questo meccanismo: “Tutti ti amano quando sei due metri sotto terra”. Ma se si riesce ad andare oltre, a far sì che il simbolo non trascenda la sostanza, a Lennon si potranno riconoscere in primis la grandezza propria di colui che è capace di mandare con disarmante e poetica immediatezza grandi messaggi e poi un’enorme umanità. Spogliandosi, materialmente e metaforicamente, John Lennon non ha certo mostrato i muscoli ma ha messo a nudo la propria fragilità, il disperato bisogno d’amore (la citazione degli Stadio è davvero casuale) che si trascinava dall’infanzia (a soli cinque anni, per varie traversie, dovette lasciare la madre e trasferirsi dalla zia Mimi). “Il dolore più grande è renderti conto che i tuoi genitori non hanno bisogno di te quando tu hai bisogno di loro”.
Sempre in modo anticonvenzionale, Lennon coltivò una certa passione per i motori: tra le auto, celebri una Rolls-Royce gialla, una Mini Cooper, una Mercedes e una Ferrari. Ma noi siamo più affezionati all’immagine che lo vede, nel 1970, solcare un giardinetto fangoso su una Honda Monkey 50, mentre il figlio Julian, seduto dietro, lo stringe forte.
LENNON80 IN STREAMING IL 16 NOVEMBRE
A John, che avrebbe compiuto 80 anni a ottobre e del quale a dicembre ricorreranno i 40 anni dalla morte (fu assassinato per strada a New York l’8 dicembre 1980, con quattro colpi di calibro 38 dallo squilibrato Mark David Chapman, tuttora in carcere), sarà dedicata il 16 novembre, la serata LENNON80, un concerto in streaming all’interno del quale i capolavori di John saranno interpretati da una resident band e da alcuni ospiti come Morgan, Omar Pedrini e Cristiano Godano.