Concepita secondo le regole del kodo giapponese, la Mazda 3 è il risultato di una combinazione di linee essenziali e dinamismo. Caratteristica che le è valso il riconoscimento di World Car Design of the Year 2020
Articolo di Carlo Mandelli
Kodo design
Fermare il movimento di un oggetto velocissimo, in un solo momento. Non sembra facile ma, si sa, i giapponesi la sanno lunga e, sulla semplificazione di concetti anche più complicati, hanno spesso una marcia in più. Si chiama kodo design, si ispira alle filosofie orientali ed è l’asso nella manica di una casa automobilistica come Mazda, alla quale è stato di recente consegnato il premio World Car Design of the Year 2020. Qualche anno fa, sempre in casa Mazda, lo stesso riconoscimento era stato assegnato alla MX-5. Oggi però si premia qualcosa di diverso: una filosofia applicata al mondo dell’auto che fa suo il concetto di semplificazione.
il concetto delle antiche arti giapponesi
A dirla tutta, sul kodo design la Casa sta lavorando già da un decennio, ma è forse su Mazda 3 che è riuscita a esprimere pienamente il concetto tipico delle più antiche arti giapponesi: studio degli spazio, ricerca del dinamismo e un senso estetico che, nel Paese del Sol levante, non sono secondi a nessuno. Come la maestria con cui, in centinaia di ore di lavoro, sono stati realizzati modelli in argilla di mini Mazda 3 e prove di verniciatura per ottenere onde di luci e ombre.
Il fotografo Rankin per mazda 3
Ma facciamo un passo indietro. Qualche mese fa, dopo il lancio della vettura, a dedicarsi alle linee della 3 si è trovato anche uno dei nomi più influenti della fotografia contemporanea come Rankin. Per intenderci, si tratta di colui che ha creato la sua estetica con i ritratti della regina d’Inghilterra e dei Rolling Stones, di Daniel Craig, Kate Moss e David Bowie. «Volevo realizzare immagini veramente sensuali – ha detto Rankin –, così ho affrontato le riprese in un modo totalmente diverso. Ho utilizzato la luce e creato dinamismo attraverso gli effettivi movimenti della fotocamera, senza alcun ritocco, il che ha reso letteralmente viva la vettura».
E, forse, quella della fotografia è l’arte che meglio si sposa con il movimento applicato al mondo dei motori. Un paradosso: un oggetto che va veloce, luce compresa, bloccato in un singolo movimento, e che in quella energia trova un significato completamente nuovo. O almeno così deve averla pensata Rankin, per mettersi alla prova con qualcosa di fulmineo come il riflesso che passa su una fiancata di un’auto. O sulla lama di una katana nelle mani di samurai.
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