Il primo a raggiungere gli estremi del mondo, Roald Amundsen è stato uno degli esploratori più famosi della storia. Almeno, fino alla misteriosa sparizione
Più feroce di «sbattiti, fatti, crepa» c’è solo «sbattiti, vinci, crepa». Iniziare, mirare giusto, vincere, farla finita. Essere il primo ad arrivare al Polo Sud, a navigare il Passaggio a Nord Est, a sorvolare il Polo Nord. E alla fine sparire. Ma sì. Per non rendere conto di decisioni col rasoio e bastardate: piedi pestati, segreti tenuti. Ma – attenzione ai fade del destino – è un non rendere conto, ma è anche LA resa dei conti. Ecco la storia di Roald Amundsen.
Sparire come assoluzione per l’intelligenza tecnica che hai avuto. Sparire per non avere un funerale; gente che piange e s’ingrossa del fatto di averti conosciuto. Sparire perché, sotto sotto, a quello hai mirato fin dall’inizio; con tutta la tua generosità (e ne hai avuta), tutta la tua intelligenza tecnica, tutti i segreti, e tutte le bastardate.
Chi era Roald Amundsen
Sparire. Sintesi dalla biografia di uno dei più grandi, uno dei più duri, e forse il più stronzo degli esploratori moderni. Già in foto: occhi freddi, rughe di pura volontà (di potenza), sprezzatura.
Roald Amundsen, nato a Borge, in Norvegia, il 18 giugno del 1872. Figlio di una famiglia passata da marinai ad armatori in un paio di generazioni. I genitori comprano casa a Oslo: lo step successivo sarebbe il passaggio a buon borghese di città.
La madre indirizza Roald agli studi di medicina, ma è chiaro che ha in testa altro. E non ha tempo da perdere. Nell’istante della morte della madre Amundsen, 21 anni, decide di imbarcarsi. Nella spedizione belga sull’Antartico (1897-99) resta un inverno intrappolato nel ghiaccio. Comandante e vice sono fuori combattimento, Amundsen diventa, di fatto, il capitano. Impara a usare la carne fresca come fonte di vitamina C.
Essere il primo
Quando tenta (e riesce) il passaggio a Nord Ovest, dal 1903 al 1906, capisce che le popolazioni Inuit locali possono dargli consigli preziosi sulla sopravvivenza. Amundsen impara tutto da tutti. Programma, organizza, raramente sbaglia. È un narcisista, cerca donne sposate e le lascia. È un competitivo. Sa esaltare l’equipaggio ed è un cinico: sulle sue navi non vuole sia presente un medico: spesso gli intellettuali finiscono per seminare dubbi, e rendono poco docili gli uomini.
Vuole diventare il primo uomo al Polo Nord. Ma prima che Amundsen si muova, nel 1909 arriva la disputa tra Federick Cook e Robert Peary: entrambi dichiarano di averlo raggiunto. Roald Amundsen cambia programma all’istante. Vuole il Polo Sud. Solo che il Polo Sud è già prenotato dall’inglese Robert Falcon Scott. L’impero britannico dietro. Finanziamenti. Pagine di giornale. Amundsen fa tutto in segreto. Convoca l’equipaggio a Madeira: i suoi stessi uomini non sanno che l’obiettivo è l’Antartide. Convince l’equipaggio.
La spedizione segreta
Dirige a Sud, mandando un telegramma laconico a Scott. Inizia la polemica internazionale. E la gara per il Polo che sarà tragica. In Antartide Scott sceglie un itinerario più lungo. Sbaglia a usare i cavallini siberiani per trainare le slitte: muoiono uccisi da freddo e parassiti. Decide con i suoi uomini di trainare le slitte con gli sci, sfiancandosi.
Dopo settimane di marcia inumana arriva al Polo Sud, e vi trova la bandiera norvegese. Amundsen è già stato lì, il 14 dicembre 1911. 35 Giorni prima di lui. E gli ha lasciato un messaggio di scherno. Scott muove una penosa marcia di rientro. Tempo dopo ritroveranno i corpi di Scott e i suoi uomini, e le macchine fotografiche, e i rullini. Facce devastate dalla fatica e bruciate dal sole artico.
Amundsen, invece, aveva completato l’itinerario (andata e ritorno, 2.200 km) in soli 99 giorni, usando i cani, che poi erano stati via via macellati per fornire cibo agli uomini.
Infaticabile
E non si ferma. Viene il passaggio a Nord Est. Poi, nel 1926, il Polo Nord in dirigibile, con Umberto Nobile, con cui poi scoppierà la rivalità. Scriverà Amundsen: «Per l’esploratore l’avventura è una interruzione involontaria, un errore di calcolo. Ogni esploratore ne fa esperienza, ma non le cerca, mai».
E invece l’avventura arriva. E la sparizione. Quando, nel 1928, Nobile con il suo Italia resterà bloccato sulla banchisa sarà il nemicone Amundsen ad andarlo a cercare. Il suo idrovolante che sparisce, il 18 giugno 1928. Corpi dell’equipaggio mai più ritrovati. Non hai tempo da perdere: sbattiti, vinci, crepa. Sparisci. Non rendere conto è la resa dei conti.
Articolo di Bruno Giurato