RIDERS POLITIK
Cosa c’entra il rock con la politica? Niente, se non il fatto che è una musica da conflitto intergenerazionale. Ma una intera generazione è Vasco-dipendente
«Scrivimi qualcosa sul rock. Come il rock ha cambiato la politica». Questo mi dice Moreno Pisto in chiusura di una conversazione telefonica affollata di menate sul porno amatoriale, sull’Inter di Kallon e su quanto possa guadagnare lo spacciatore medio di Milano, quello che smercia erba secca e copertone. Minchia, impegnativo. Il rock è percezione soggettiva; può cambiare a seconda dei canali uditivi e del cervello più o meno arrugginito di chi lo ascolta. Il rock spesso lo utilizziamo come aggettivo e metro di giudizio per dire che una roba è figa. Tipo, Bukowski è rock and roll. Scurati no.
Penso a Jim Morrison.
Penso a Bob Dylan e a Kurt Cobain e ai Clash. A Mick pantera umana Jagger. A Iggy Pop. Penso al 68, ai beat, a Hunter S. Thompson quando viveva a San Francisco e viaggiava in moto con gli Hell’s Angels, che si fomentavano bevendo birra e ascoltando i sassi rollanti. Il rock… tante cose da dire, ma fondamentalmente non ha contato niente nella scena politica. Massì, senza il rock ci sarebbe meno poesia e il ’68 non sarebbe stato così intenso (o non avrebbe avuto una degna colonna sonora); ma ehy, ladies and gentlemen, potrebbe mai Bono Vox blandire Trump su un eventuale conflitto mediorientale?
Cioè ragazzi i Sex Pistols non hanno mica fatto cadere la Thatcher mazza di ferro; tutt’al più hanno provocato migliaia di disperati skinhead e li hanno instradati verso una protesta politica, quel che volete voi. I Ramones… vabbe’.
Musica da conflitto
Cioè non si sta dicendo che il rock non serva a niente. Il rock è stata la narrazione di un eterno mai sopito INFINITO conflitto tra padri e figli, tra quella vita e questa vita, quella che voglion loro e questa che vuoi tu. La vera rivoluzione del rock è stata quella di farti capire in 3, 4 minuti che forse stai vivendo una vita di merda ed è ora che te ne accorga. Il pregio principale di queste canzoni sovraccariche e sciolte è questo qui, pochi cazzi; cambia la vita delle persone, le sveglia da un’apatia circolare e arida.
Un amico ha detto che dopo aver visto Bob Dylan ha lasciato il suo lavoro da insetto. E di Iggy cicatrice Pop dice che è un Santo, che lui è quello che noi non saremo mai. Lui fa l’eroe anche per noi, si cava l’uccello dai jeans sdruciti anche per noi; a 70 anni fa ancora quello che noi non siamo mai riusciti a fare nemmeno ai diciottesimi liceali dove si beveva sangria e birra d’importazione.
Dunque i fatti ci giostrano la girella di nomi sacri, semidei della gioventù, le immagini votive da mettere nel portafogli come fossero quelle di Padre Pio: Iggy Pop, Johnny Rotten, Zimmerman l’ebreo, Lou Reed… sono i nomi che riempiono di lucine il firmamento rocker. Loro hanno influito, con le loro turbe e le loro riprese sul filo del rasoio, sulla crescita psicoattitudinale di giovinastri infingardi e mollaccioni.
E in Italia chi teniamo? Ma Vasco Rossi
Vasco è il nostro. Badate bene non si prende per il culo, non si può inscatolare a sarcasmo da rubrica ridicola un Dio che chiude 220k di biglietti al Modena Park. Uno che trascina 220mila persone in ettari di terreno cementifierbizzato non può essere un coglione perché anche secondo la stupida legge dei grandi numeri deve esserci almeno il 5, 6% di gente che ne sa a pacchi di ogni su quelle duecentomila teste di legno paganti.
Vasco ha cambiato la musica italiana. Soprattutto ha fatto da cartina geografica di formazione umana a tanti ragazzi, ragazzi cresciuti senza un padre o col padre assente e individualista. Questo erano i genitori prima. Si pensava alla propria sopravvivenza, i figli erano un’oscena escrescenza tumorale del rapporto coniugale…
Vasco, sia per 50enni che per i 18enni di oggi è una figura superiore, un maestro. Uno che conosco, Salvatore, ha 23 anni ed è folle per Vasco; eppure no, non fa parte della generazione post sessantottina che è cresciuta con Toffee Toffee e Albachiara o Anima Fragile. No, il buon Salvatore dovrebbe masticare boh non dico rap ma almeno house e robaccia commerciale. Sì, la statistica direbbe questo. Ma Sal c’ha la firma di VASCO tatuata sul fianco, è un selvaggio. S’è fatto autografare la parete addominale dal Blasco ed è corso dal primo tatuatore disponibile per inciderla a vita sulla sua pelle birrosa.
Vasco ha fatto cose che nessuno potrà ripetere
Nel 1982 a Sanremo se n’è andato col microfono in tasca dopo aver cantato Vado al massimo da brivido. Erano tutti lì presissimi, diversi giornalisti lo infamavano perché conduceva i ragazzi verso il baratro della droga con quel comportamento balordo. C’era la classica situazione patinata e lui boh canta strazia e se ne va col microfono nella saccoccia. Doveva sconvolgere, a SanRemo.
Si giocava il tutto per tutto; la tattica difensivista da avvoltoio che canta e sorride non andava bene. Doveva accentrare luci e gioco su di sé. Ma vi immaginate i gruppi indie e fare scenate simili a San Remo? Io no.
Diciamo che pure Vasco fa le cose per noi che ce ne stiamo seduti nella gabbietta, da bravi criceti che spingono la ruota per spizzicare a fine giornata la dose di nocelline decisa dal Padrone dal Principale dal Direttore. Vasco viene arrestato e se ne sta un tot di giorni in galera. Vasco scopa e fa il fancazzista e sostiene la causa Radicale, la forma di politica meno imputtanata che ci sia.
Oggi va di moda dire cose come le nostre ossa di gesso le dita di seta un rasoio inciderà le mie vene… che palle! Vasco anche qui ha staccato il resto della plebaglia con magie da fuoriclasse incompreso. Dai, Toffee Toffee non vuol dire un cazzo ma ti piglia; oh che brava moglie saresti Toffee Toffee passami l’asciugamano… se fossi un critico musicale direi che lui scrive attraverso didascalie, immagini.
Critiche
Che poi vi ha fregato a tutti facendo i clippini. Lo criticavano perché di quello è sempre facile riempirsi la bocca. Critiche. Abbiamo creato un’etichetta anche ai social network, eh no l’occhiolino in chat alla figa è da sfigati, le emoticon tipo XD son da soggetti. Vasco che fa i clippini è malato, ah la testa non lo accompagna più! E invece ora che TUTTI fate quelle cazzo di dirette da sbocco mentre camminate per le vie prima di accocchiarvi con la vostra comitiva debosciata per bere uno spritz, beh quello è figo no?
Chi la scrive più una canzone marcia come Colpa d’Alfredo? Troia, negro… dio mio! Lo diceva con astio, sembrava vero astio il suo… non le interpretazioni fasulle di alcuni cantautori che ambiscono al politicamente scorretto ma non spingono il pedale dell’acceleratore fino in fondo.
C’è gente che ha capito la nozione del tempo che passa con l’addio di Totti… io non vorrei dire ma per me ascoltare Anima Fragile è sempre un calcio nello stomaco perché mi fa capire che certe cose non ritorneranno e che la nostalgia sarà bella ma è dannatamente pericolosa», questo mi dice mio padre. Classe 63.
I napoletani cantano «tifosi che ci picchiano non ce ne sono più»; io modulerei il coro a sostegno del Vasco in «rocker che trascinano non ce ne sono più»… ci si vede il 1 luglio a Modena, Toffees.
Articolo di LORENZO MONFREDI