Il pilota bolognese è ricoverato in gravi condizioni dopo l’incidente in handbike. Ma Alex ci ha dimostrato che l’impossibile non esiste, e noi lo aspettiamo ripercorrendo la sua emozionante carriera
Articolo di Manuele Cecconi
Un’altra volta in lotta tra la vita e la morte, contro un destino che, a dispetto di una spiccata autoironia e di un ottimismo contagioso, non è certo stato tenero con Alex Zanardi. Quella che si sta consumando presso l’ospedale di Santa Maria alle Scotte di Siena è l’ennesima battaglia di un campione che le sue vittorie – nello sport e nella vita – se le è sempre prese con la forza, con una grinta tale da lasciare di sasso anche la sorte avversa. Alex, nei suoi 54 anni, di miracoli ne ha già fatti parecchi. Ci ha abituato a vederlo compiere l’impossibile così tante volte che l’idea che ora possa arrendersi sembra semplicemente assurda. Anzi, è assurda: perché i supereroi, si sa, alla fine vincono sempre.
gli inizi
La carriera di Alex Zanardi ha inizio nei primi anni Ottanta quando il padre Dino lo mette per la prima volta su un kart. A 19 anni, dopo qualche stagione di apprendistato con i 100 cc, arrivano anche i primi titoli nazionali ed europei, biglietto da visita per l’esordio nella F3 italiana nel 1988. Nel 1991 è il momento di un altro salto in avanti, quello che lo porterà nella Formula 3000: il titolo gli sfugge a favore di Christian Fittipaldi, ma gli ottimi risultati gli permettono di guadagnarsi un’occasione nell’Olimpo dell’automobilismo: la Formula 1. A dargliela è prima la Arrows, che lo ingaggia per un test sulla propria monoposto, e poi Eddie Jordan, che lo assume per le ultime tre gare stagionali del 1991. I risultati ottenuti sono incoraggianti, ma le disavventure finanziarie della scuderia anglo-irlandese costringono Alex a guardarsi attorno. Nel 1992, tuttavia, le apparizioni in pista saranno solo tre, ai comandi di una poco competitiva Minardi. A fine anno arriva la chiamata della Lotus, vettura con la quale Zanardi ottiene il suo primo e unico punto iridato nel GP del Brasile, ma due incidenti – uno in pista a Spa e l’altro in allenamento con la bici – ne arrestano anzitempo la stagione. Al termine del 94, purtroppo, il team britannico chiude definitivamente i battenti e durante un 1995 sabbatico Alex inizia a guardare alle corse d’oltreoceano.
È Chip Ganassi, patron del team che porta il suo nome, che lo guida nel passaggio alle gare a stelle e strisce, e precisamente alla Formula CART. Alla seconda gara della stagione di debutto, il 1996, Zanardi conquista la pole e i primi punti, auspicio di un Campionato che si rivelerà decisamente entusiasmante. Per il titolo bisogna aspettare però l’anno seguente, mentre il 1998 è l’anno del bis: da campione in carica l’italiano si aggiudica ben sette vittorie e una lunga sequela di podi, attirando anche l’attenzione dei team di Formula 1. La proposta di Frank Williams non si fa attendere, ma nonostante delle buone premesse l’avventura con la monoposto inglese si conclude già a fine 1999 con zero punti in classifica.
Il ritorno nella CART sembra, a quel punto, l’opzione più logica. Dopo qualche test datato 2000 Alex torna in pista nel 2001, nella categoria che lo ha visto laurearsi due volte campione. È proprio nel corso di quella stagione che ha luogo il terribile incidente del Lausitzring, lo schianto del 15 settembre in cui il perde entrambe le gambe: a tredici giri dalla bandiera a scacchi la sua auto si intraversa sulla pista, venendo centrata in pieno dal connazionale Alex Tagliani. Il bolognese rimane in coma per quattro giorni, tenendo gli appassionati col fiato sospeso. Si teme il peggio, ma è l’inizio di una rinascita: dopo un mese e mezzo Alex esce dall’ospedale senza gli arti inferiori, ma con una forza di volontà e una voglia di rivincita che gli permetteranno di conquistare traguardi inimmaginabili.
le nuove sfide
Paradossalmente è proprio qui che inizia la favola, da una tragedia che avrebbe stroncato chiunque. Chiunque, appunto, ma non Alex, che tre mesi dopo si presenta alla premiazione dei Caschi d’Oro di Autosprint. Piegato ma non spezzato, con una grande voglia di scherzare sulla sua nuova condizione e, soprattutto, di guardare avanti. E infatti basta aspettare un paio d’anni per ritrovarlo in una competizione ufficiale, l’European Turing Car Championship: l’avventura con le Turismo, sempre su vetture BMW, lo porterà a conquistare successi italiani e internazionali, comprese quattro vittorie nel Mondiale WTCC tra il 2005 e il 2009. Ma la sua carriera con le quattro ruote prosegue anche negli anni seguenti tra Endurance, Blancpain GT Series e apparizioni nel DTM, parallelamente a quella negli sport paralimpici. Il costante desiderio di superare i propri limiti lo porta, pochi anni dopo lo schianto del Lausitzing, a debuttare nelle gare di handbike: dal 2011 al 2019, dopo essersi aggiudicato nel 2010 la Maglia Tricolore nei Campionati Italiani, Alex conquista 12 medaglie d’oro, 4 d’argento e una di bronzo nel Campionato del mondo Paraciclismo. A ciò si aggiungono 4 medaglie d’oro e 2 d’argento nei Giochi Paralimpici di Londra 2012 e Rio 2016.
Ecco perché Alex Zanardi non può perdere: perché oltre ad essere un atleta eccezionale e una persona squisita è un simbolo di speranza per tutti quelli che l’hanno conosciuto, da amici o da tifosi. Un faro di positività che ci ha dimostrato, sfida dopo sfida, che non c’è sfortuna che tenga di fronte alla determinazione: si può sempre tornare in pista, anche di fronte alle più dure avversità che la vita ci para davanti. Forza Iron Man, noi ti aspettiamo.