C’era una volta l’avventura, il gusto di lanciarsi in imprese (motociclistiche) quasi impossibili. Dagli anni Novanta in poi, questo desiderio è stato messo a tacere con i videogame
Correva l’anno 1931. Durante una cena, Robert Edison J. Fulton, giovane inventore americano con il pallino per l’aviazione, in un eccesso di zelo (e probabilmente per far colpo sulla sua interlocutrice con i capelli color caramella mou) annunciò che avrebbe fatto il giro del mondo; e che l’avrebbe fatto in motocicletta. Ma per davvero, non certo in un videogame come accade oggi!
Imprese straordinarie (e reali)
Quarantadue anni dopo fu il giornalista britannico Ted Simon che, in sella alla sua Triumph Tiger 100 con un motore da 500 cc, macinò in solitaria più di centomila chilometri in quattro anni. Attraversò quarantacinque paesi, da un capo all’altro del pianeta, guadagnandosi sul campo il soprannome Jupiter.
Le memorie di questi pionieri del viaggio su due ruote, che nella fragilità e nella semplicità della vita on the road hanno imparato a conoscersi e conoscere, sono scolpite rispettivamente nelle pagine di One Man Caravan (1937) e I viaggi di Jupiter (1973). In entrambi i casi si tratta di viaggi distanti anni luce dal mondo iperconnesso e digitale. Ora prosperano centraline e sistemi di frenata assistita, con il quale, che ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti.
Ma l’uomo, per sua natura, sogna sempre di essere altrove; e quello contemporaneo non fa eccezione. Chi è nato tra gli anni Sessanta e Ottanta, se ha avuto un’infanzia felice, ha sognato il mondo anche attraverso i videogiochi.
I primi videogame
Certo, all’inizio si trattava di condurre il proprio mezzo in universi digitali privi di punti di riferimento topografici; ma non appena la tecnologia l’ha reso possibile, interi mondi si sono aperti al videogiocatore. Sempre più racing games hanno cominciato a trarre ispirazione dalla realtà.
Molti di questi, pur riproducendo fedelmente piste e circuiti di tutto il mondo, hanno preferito puntare sulla vertigine e sulla resa della velocità con espedienti più o meno verosimili (come, per esempio, Manx TT SuperBike, arcade al cardiopalma prodotto dalla Sega nel 1995, ispirato alla celebre corsa cittadina), lasciando con l’amaro in bocca l’aspirante motociclista romantico, che anche in sala giochi o nella sua stanza sognava di percorrere strade lontane puntando dritto verso l’orizzonte.
1986, Out Run
La vera rivoluzione avviene nel 1986, quando nelle sale fa la sua comparsa il cabinato di Out Run (Sega). Un racing game diverso dagli altri, in cui il solo scopo è guadagnare tempo sfrecciando per le highways americane a bordo di una fiammante Ferrari Testarossa cabrio (vera e propria licenza poetica), evitando le altre auto e scegliendo la propria strada verso la meta. Il tutto in compagnia di una prorompente bionda che ammonirà il guidatore troppo spericolato; bonus: la possibilità di scegliere il tema sonoro di sottofondo: l’abc della Vaporwave.
1995, Desert Bus e gli altri videogame entrati nel mito
La strada dei videogame di viaggio è dunque spianata. Nel tempo porterà a estreme conseguenze, come nel caso di Desert Bus (Absolute Entertainment, 1995); è un gioco letteralmente hardcore nel quale il giocatore deve condurre un vecchio e sgangherato autobus lungo la strada totalmente deserta che porta da Tucson a Las Vegas. Un totale di otto ore di gioco e senza la possibilità di mettere in pausa.
Le interminabili strisce d’asfalto americane hanno ispirato, naturalmente, anche i numerosi giochi prodotti da o per Harley-Davidson. Esempio più eclatante di questo tipo di videogame di viaggio su due ruote è Harley-Davidson: Road to Sturgis (Mindscape, 1989). Il giocatore, in sella alla sua Harley, dal Maine punta dritto verso lo storico raduno che ogni anno raccoglie nella piccola cittadina del South Dakota centinaia di migliaia di appassionati delle due ruote.
E lo fa senza troppa fretta, gustandosi ogni pixel d’asfalto; evita buche e auto, tenendo d’occhio il livello della benzina nel serbatoio e le condizioni del motore. Scala dolcemente le marce e offre di tanto in tanto un passaggio alla bionda che ha l’auto in panne.
Nostalgia della vera avventura
Tutto questo, ovviamente, non ha nulla a che fare con la Wanderlust, l’incontrollabile forza che costringe quasi fisicamente il viaggiatore a non fermarsi mai. Ma come la letteratura, il cinema e la musica, anche il videogame, stuzzicando la fantasia, è capace di suscitare la nostalgia di qualcosa che in realtà non si conosce; e che, spesso, è la chiave che apre allo spirito le porte del viaggio. I portoghesi, che di viaggi se ne intendono, la chiamano saudade.
di ROBERTO CAPPAI