Vittorio Malingri: "Volo alla volta del record"

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Vittorio Malingri ci riprova: a marzo 2017 partirà per conquistare il record assoluto nella traversata atlantica. Ad accompagnarlo sarà Nico, il figlio 25enne

vittorio malingri

Se hai impostato la tua vita attorno all’avventura, di record non sei mai sazio. E infatti, per la primavera “Ugo” (al secolo Vittorio Malingri) ne ha in serbo uno tosto davvero: la traversata atlantica in meno di 11 giorni e 11 ore. A bordo di un catamarano da spiaggia in carbonio, senza ripari, capace quasi di volare, in planata.

Emozioni certe e tante ancora da scoprire; accanto a lui ci sarà suo figlio Nico, 25 anni, pronto a raccogliere il testimone di una genia che ha reso l’Italia della vela grande nel mondo

Perché riprovarci, perché sfidare ancora il mare, dopo tante avventure?

«Prima di tutto per la sfida agonistica in sé», risponde secco. «Poi, siccome è difficile mettere insieme le risorse per realizzare queste imprese, non me ne faccio mai sfuggire una».

Vittorio Malingri ha 55 anni, quattro figli; è milanese, di nobile casata piemontese, progettista, imprenditore (ha un cantiere in Grecia) e velista di una famiglia di velisti (il padre Franco, lo zio Dionigi, detto “Doi”, apripista italiani della moderna vela oceanica); insomma, ha la pelle dura come quella degli squali.

Vittorio è uno che non molla mai. Il volto segnato dal sole e dal mare, gli occhi abituati a scrutare l’orizzonte. Con Giovanni Soldini, è uno dei grandi italiani della vela oceanica. Ma, a differenza dell’amico, le sue sfide sono sempre al limite del possibile. Come quest’ultima, su un catamarano minimo, inadatto al mare aperto.

Una cosa da pazzi. Una cosa da Vittorio Malingri

Già nel 2008 tentò di conquistare, a bordo dello stesso catamarano da spiaggia non abitabile, di soli 6 metri, il record di velocità ufficiale, omologato dalla Wssr (World speed sailing records), sulla rotta Dakar-Guadalupe, detenuto dai francesi Pierre-Yves Moreau e Benoît Lequin, con 11 giorni, 11 ore e 25 minuti. La perdita del telefono satellitare, fondamentale per ricevere le indicazioni meteo, lo costrinse, però, a rinunciare al record assoluto. Dovette “accontentarsi” del record in solitaria: 13 giorni e 17 ore. Nove anni dopo, è venuto il momento di riprovarci.

«Sempre con un F20, con soluzioni innovative; una barca che è velocissima (20 nodi col mare calmo, fino a 30 nodi in planata, anche se la velocità di crociera durante il tentativo di record viene mantenuta attorno ai 10 nodi per non compromettere l’esile struttura ed evitare il ribaltamento, ndr) e con il “Nano”, mio figlio Nico, che è bravissimo, a darmi manforte», racconta Vittorio. Fuoco alle polveri a marzo 2017.

Sposterai ancora più in alto l’asticella?

«Sì, è una sfida ancora più tosta, questo è certo: visto che non potevamo allargare il mare, abbiamo rimpicciolito la barca. Nel 2016, infatti, ci siamo lanciati a caccia di nuovi record a bordo di un piccolo catamarano non abitabile.

Queste imprese sono momenti unici nella vita di un marinaio, momenti in cui si attivano i presupposti più emozionanti: la solitudine, la possibilità di vivere il mare aperto, il rapporto con gli elementi e con la barca. Insomma l’essenza di ciò di cui uno come me va in cerca.

L’extreme sailing, sia in solitario sia in doppio, comporta momenti che possono andare dalla giornata singola alle due settimane della transatlantica, o a più di tre mesi, nel caso di un giro del mondo. Sei impegnato 24 ore al giorno a coprire un tratto di mare nel più breve tempo possibile. Questo vuol dire sapersi dividere sapientemente tra lavori fisici, strategia e organizzazione».

E, a dispetto di tutte queste incombenze, in barca si riesce anche a vivere meglio?

«È un modo di vivere molto completo, che richiede diverse competenze. E poi si è soli e lontani da qualsiasi altra cosa, e molto concentrati su quello che si fa. Questo porta a raggiungere uno stato psicofisico che è difficile assaporare in altri ambienti. L’appagamento e l’adrenalina che ne derivano sono probabilmente i motivi per cui uno fa queste cose. Per stare bene. Non a caso, ho voluto chiamare la barca FeelGood, perché nasce dalla ricerca di uno stato d’animo positivo».

Il mito dell’uomo solo che lotta contro gli elementi risolve i problemi tecnici e fa a botte con lo scorrere del tempo.

«Per stabilire un record devi essere bravo, prendere le decisioni giuste riguardo alla meteorologia, alla strategia. Devi saper vincere. Poi, c’è la sfida della vita. Perché hai deciso di vivere così? Che cosa cerchi? Che cosa stai inseguendo? È la vita che ho scelto tanti anni fa e che mi piace ancora adesso».

Dal 2008 a oggi ne è passata di acqua sotto la chiglia…

«È vero, ma nel 2008 è iniziata una crisi economica spaventosa. Non c’era verso di trovare uno sponsor e io, del resto, non me la sentivo di andare in giro a chiedere soldi mentre le aziende chiudevano e la gente veniva licenziata. Ora qualchesegnale positivo si intravede. La fiducia permette di ripartire. Nel frattempo non sono stato certo con le mani in mano. Mi sono dato da fare con l‘attività di scuola vela oceanica Ocean Experience, affiancato da mio figlio Nico, a bordo di Huck Finn II, la nostra nuova barca, un cutter di 20 metri».

Come e quando è cominciata la tua vita avventurosa?

«Fin da giovane, ispirato da libri e dalle imprese di famiglia, ho fatto la mia scelta: avere una vita con un sacco di avventure. Quando avevo 17 anni, durante il giro del mondo fatto con la mia famiglia nel 1978-79, ho definitivamente confermato la mia scelta. Da lì è stato naturale impegnarmi su diverse sfide legate al mare, dalla progettazione alle avventure estreme.

Ogni sfida per me è un traguardo per appagare il desiderio di mettermi alla prova, come marinaio e progettista. Ne ho fatte di tutti i colori e ho vissuto momenti molto forti, ho rischiato e ho goduto la pace dei sensi».

A marzo, a bordo del catamarano senza ripari, in mezzo all’Atlantico, avrai accanto tuo figlio, classe 1991, ma già tanta vela alle spalle.

«Si, questa per me è una sfida speciale. Nico è mio figlio, ma non lo porto con me per questo. È un marinaio bravissimo. Quando aveva solo un anno, ha assistito dal pontile alla partenza della Vendée-Globe e… forse gli è rimasta impressa! Ora di anni ne ha 25 anni; quella che faremo assieme il prossimo marzo in catamarano sarà la sua 12ª traversata atlantica. È la sfida massima: una moderna piroga molto es­senziale, dove non possiamo ripararci o cucinare.

Abbiamo a disposizione il telo centrale e due piccole terrazze laterali per organizzare la nostra vita a bordo. Una sorta di tendalino ci ripara la schiena. Di notte possiamo chiuderlo, come un sacco a pelo. Con Nico ho un ottimo rapporto, costruito in anni di vita a bordo e navigazioni difficili spalla a spalla: 100mila miglia insieme in questi ultimi sette-otto anni.

Qualche volta mi ha sorpreso sulla barca-scuola di cui, da due anni, ha il comando. Ho visto che cosa ha saputo fare e ho pensato che forse… è più bravo di me. E poi è bello vedere come entrambi ci adattiamo a questa situazione estrema riuscendo a superare tutte le difficoltà insieme e vivendo momenti di pura esaltazione, come nelle 48 ore del record Marsiglia-Tunisi, lo scorso agosto, durante le quali abbiamo navigato costantemente in tempesta».

Le traversate in Atlantico con Alessandra Sestini, le scorribande ai Caraibi con tuo “fratello” Giovanni Soldini, i rischi che hai corso: che rapporto ha Vittorio Malingri con il mare?

«Lo devi interpretare, per capire dove e quando agire. Ma la cosa che conta è che, quando sono in mare, sono me stesso al duemila per mille. Io e la barca, un tutt’uno in velocità. E non mi fermerei mai. Quando torno a terra è solo per inventarmi una nuova avventura. Il fatto è che nella vita non solo devi avere dei sogni, devi saperli coltivare».

Jo Irwine; Andrea Falcon

LA FARFALLA

Lungo 6 metri (20 piedi), largo 3, FeelGood è un catamarano in carbonio sottovuoto con post-cottura di scafi, albero, traverse, timoni e derive. In metallo (titanio) solo alcuni snodi meccanici per ruotare l’albero e i perni di rotazione del timone. Il peso a pieno carico è di 300 kg. È la barca più veloce e innovativa della categoria. Malingri ha progettato le vele (50 mq.) assieme a Onesails e corre per i colori del Citroën Unconventional Team, di cui fanno parte anche il surfista Alessandro Marciano, il windsurfista Matteo Iachino e il kitesurfer Toni Cili.

VITTORIO MALINGRI INCONTRA IL “MERDONE”

A 17 anni, nel 1977, Vittorio Malingri parte con papà Franco e famiglia per un giro del mondo di due anni a bordo del CS&RB Busnelli, con cui lo zio Doi aveva partecipato, nel 1973, alla prima Whitbread Round The World Race. Nel 1996, Vittorio chiude la sua seconda Ostar in terza posizione. Inizia a correre sui trimarani con Giovanni Soldini nel 1998. Nel 2005, alla Transat Jacques Vabre, il loro Tim è investito dal “merdone” (temporale). Si ribaltano. Li salva una petroliera americana.

I PRECEDENTI

5 SETTIMANE

Tempo impiegato da Cristoforo Colombo, partito il 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera, Andalusia, Spagna, per raggiungere San Salvador, Bahamas.

3g 15h 25min 48s

Record omologato WSSRC (World Sailing Speed Record Council) sulla rotta Ambrose Light (New York) – linea immaginaria tra Lizard Point, Cornovaglia, Gran Bretagna e l’isola francese di Ouessant (5,330 km). Pascal Bidégorry, nel 2009, su Banque Populaire V, trimarano di 130 piedi (40 metri), a 61.00 km/h di media.

5g 2h 56m 10s

Record WSSRC, del 2013, sulla stessa rotta ma per navigatori solitari. È del francese Francis Joyon, a bordo di IDEC 2.

6g 14h 29m 21s

Record WSSRC del 2013 sulla rotta inversa (Cadice – San Salvador) stabilito da Dona Bertarelli & Yann Guichard su Spindrift 2 (ex Banque Populaire V).

6g 23h 42m 18s

Record WSSRC in solitaria (Cadice – San Salvador) del 2014, di Armel Le Cleac’h sul trimaran IDEC 3.

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