Tante griglie in 500, dal 1981 all’84, e mai un punto iridato. Però Walter Migliorati nella storia è entrato lo stesso. In quella degli eroi minori, che corrono, non vincono, però ci fanno divertire. Lui dava la caccia alle hostess e i pugni agli avversari
La griglia di partenza del GP di Germania classe 500 del 1982 è un carnevale di stravaganze e atti scaramantici. C’è Marco Lucchinelli, che sotto la tuta di pelle indossa una cravatta. Takazumi Katayama, accompagnato da un amuleto orientale conosciuto come omamori. C’è Guido Paci, che porta lo stesso paio di calzini in ogni gara; lavatrice bandita. E poi c’è Walter Migliorati che, fra il casco e la testa, schiaccia le mutandine (ancora tiepide, narra la leggenda) di una hostess griffata Marlboro.
Questione di portafortuna
Una delle foto che lo ritrae, prima che cali il Boeri integrale sul volto, baffi alla Magnum P.I. e ricami di pizzo sulla fronte, è diventata uno dei simboli del motociclismo primi anni 80. Gli stenti finanziari dei decenni precedenti erano alle spalle; i lussi e i luccichii dell’attuale MotoGP ancora lontani, forse indesiderati, nemmeno ipotizzabili.
Gli sponsor tabaccai stavano aumentando i budget destinati agli sport a motore; i piloti a tempo pieno erano sempre di più; ma fra gli addetti ai lavori esisteva ancora uno spirito ruspante che ha nutrito amicizie e follie, incoronando i talenti e incoraggiando gli eccentrici.
«Ognuno aveva il suo portafortuna; era una situazione particolare, soprattutto prima del via», ricorda Migliorati. Bresciano, classe 1947, era soprannominato Balo per il modo in cui storpiava, da bambino, la parola “bello”.
«Non facevo come Jorge Lorenzo, che si isola con le cuffie nelle orecchie e cerca la concentrazione. Io ero in continuo fermento, non stavo mai fermo. La buttavo sul ridere, lo scopo era sdrammatizzare. Facevamo i 300 all’ora ed era pericoloso, non sapevi mai se sarebbe stata la tua ultima gara».
Walter Migliorati: a caccia… nel paddock
Aiuta a comprendere meglio il clima che precedeva il semaforo verde, uno scatto in cui Migliorati verifica la consistenza del fondoschiena di un’ombrellina; la mano furba, il tocco deciso, il guanto già calzato.
«Selezionavo le ragazze durante i fine settimana, fra quelle che vedevo nei paddock, a caccia di autografi».
Il bresciano ammette di essere stato un po’ birbante. Dice che fotografie come quella sarebbe meglio tenerle nel cassetto.
«Da allora ho cambiato vita», spiega, «ho gestito un bar per tanti anni qui a Brescia. Ora ci lavorano la mia seconda moglie e mia figlia, io faccio il pensionato».
Quasi podio
Oggi la sua quotidianità trascorre a passo di valzer, ma prima era solo rock ’n’ roll. Spesso in griglia nella classe regina dal 1981 al 1984, tester occasionale per Paton e Cagiva, Migliorati si è espresso nella massima categoria, ma non è mai riuscito a conquistare un punto iridato. In un’epoca in cui la classifica premiava solo i primi dieci, il bresciano ha incassato un undicesimo posto come miglior piazzamento. Ma essere al via era già un risultato, perché alle qualificazioni si presentavano in tanti.
«Una selva di oltre 60 iscritti, mentre alla gara della domenica ne venivano ammessi circa la metà». E poi c’era la superiorità tecnica dei piloti ufficiali, che monopolizzavano le posizioni di vertice grazie a prototipi marchiati Honda, Yamaha e Suzuki.
«Io correvo con le quattro cilindri di Hamamatsu in versione privata», ricorda Balo.
«Le RG 500, generalmente quelle usate l’anno precedente dai top rider. Erano bolidi a due tempi dall’erogazione brusca: l’uscita di curva la gestivi con il polso destro e in staccata non c’era freno motore, erano incredibili.
Le mie moto costavano circa 20 milioni di lire l’una ed erano acquistate dai moto club o dagli sponsor, dai quali raccoglievo, inoltre, circa 100 milioni l’anno. Pagavo uno staff di cinque persone per lavorare al mio seguito, poi c’erano i ricambi, le trasferte, varie ed eventuali. Spendevo, più o meno, la metà di quanto incassavo; il bilancio sorrideva».
Gli infortuni di Walter Migliorati
Un peso variabile, fra le uscite ricapitolate a fine stagione, riguardava la voce “cadute”, pericolo per il fisico e dramma per il portafogli. Nel Gran Premio delle Nazioni del 1981, dopo aver centrato il francese Marc Fontan, che gli aveva tagliato la strada sulla scia di un guasto tecnico, Walter Migliorati ha pensato bene di rifilare due ganci all’avversario.
«Ero nervoso e arrabbiato, quella caduta mi sarebbe costata 2 o 3 milioni di danni e non ne avevo colpa».
Il gesto non passa certo inosservato. La direzione di gara lo costringe a pagare una multa da mille dollari; ma in futuro, in situazioni analoghe, le dinamiche saranno simili. Basta ricordare la 200 Miglia di Imola del 1984, quando Migliorati è travolto dal connazionale Fabio Biliotti, caduto pochi metri prima e fresco di clavicola rotta. Volano cazzotti, anche questa volta.
Nella sua carriera, iniziata tardi, all’età di 27 anni, con moto di serie, Walter Migliorati subisce 27 fratture e un trauma cranico rimediato dopo un grippaggio. «Mi pare sia successo in Jugoslavia. A farmi la respirazione bocca a bocca è stato Franco Uncini, il primo a fermarsi per soccorrermi».
A lui il bresciano riconosce le capacità di chi si costruisce uno stile efficace con l’allenamento e la disciplina, migliorando passo dopo passo.
Marco Lucchinelli, un mito
Fra i talenti più puri mette al primo posto Marco Lucchinelli. «Saliva sulla moto e in pochi giri faceva il tempone».
I due hanno condiviso gli atteggiamenti spavaldi e un po’ sfacciati, le azioni sopra le righe, le notti brave.
«Lucky mi ha aiutato anche in pista; era un pilota ufficiale e a volte mi forniva sottobanco delle gomme con appena due giri alle spalle, che mi permettevano di far scendere il crono nelle qualifiche».
Su quello che combinavano a motori spenti domina la riservatezza.
«Io ero un po’ pazzo, sempre in giro», si lascia scappare Migliorati. Niente di più.
Date da ricordare
L’8 luglio del 1984 il bresciano raccoglie l’undicesima piazza al GP del Belgio, nona tappa della stagione, corsa sul saliscendi di Spa-Francorchamps, una striscia d’asfalto di quasi 7mila metri immersa nella foresta delle Ardenne. In classifica, dietro il vittorioso Freddie Spencer, ci sono nomi anglosassoni come quelli di Randy Mamola, Eddie Lawson, Ron Haslam, Wayne Gardner e Barry Sheene, specchio della stoffa della concorrenza.
Migliorati, primo degli italiani, appende la tuta di pelle nel camper e lascia il circuito con l’ordine d’arrivo sul cruscotto. Quasi mille chilometri da percorrere. Il giorno dopo, al confine fra la Svizzera e l’Italia, viene bloccato dagli agenti della dogana per averne combinata una più grossa del solito, roba che tira in ballo giudici e tribunali.
È un epilogo sportivo immerso nella cronaca, finito sulla stampa e rimbalzato negli aneddoti di chi ricorda il moto-mondiale della vecchia guardia. Ma, per il diretto interessato, è una storia da lasciare nel cassetto, assieme alle foto osé. Meglio pensare al profumo delle salsicce grigliate nel paddock, al calore dei falò, al sibilo dei quadricilindrici a 2 tempi, al sorriso dei compagni di ventura. «E al gusto della guida. È la memoria più bella».
Jeffrey Zani; Matteo Cavadini
MISTER 27
Stesso numero, 27, per gli anni d’età all’esordio e le fratture in carriera. Walter Migliorati si è cimentato anche nelle gare di durata, come il Bol d’Or del 1968. La squadra arrivò tredicesima. Suo figlio Cristiano ha corso nel Motomondiale dal 1994 al 1997; nel 2004 ha vinto il CIV Supersport.