Le Wild Card salverebbero la Superbike

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CASINÒ GOZZI

Il Mondiale Superbike non scalda più il cuore. Ma una soluzione c’è: reinventare le Wild Card

Le Wild Card salverebbero la SuperbikeCi chiediamo ogni volta cosa servirebbe al Mondiale Superbike per tornare nel cuore degli appassionati, e la ricetta è semplice: casino. Prendete le wild card. Gli spettatori incravattati che a Imola hanno passato tutto il tempo nelle lussuose lounge sul tetto dei box neanche sanno di cosa parliamo. Ma chi seguiva ai bei tempi, diciamo fino a metà degli anni Duemila, se le ricordano benissimo. Wild card: piloti che correvano un round ogni tanto, quasi sempre sulla loro pista di casa. Spesso avevano moto e team all’altezza dei regulars ed erano sportellate vere.

Perché le wild card non avevano interessi di classifica, l’unico scopo era dare la paga ai Fogarty e Bayliss di turno. Qualche volta ci riuscivano, e sempre era spettacolo puro. C’erano gare, come in Giappone o sui circuiti del Regno Unito, dove “regulars” passavano notti di vigilia assai agitate.

I grandi della Wild card

Bei tempi. Che, volendo, potrebbero tornare. Basterebbe volerlo. A Donington, nell’anno di grazia 2017, si sono riviste le wild card. Due. Non tante, ma sufficienti ad agitare un po’ le acque di un Mondiale ucciso nella culla dello strapotere tecnico del binomio Jonathan Rea- Kawasaki. Una di queste, Leon Haslam, ha avuto in dote la stessa (o quasi…) ZX-10R del Cannibale e nel suo giardino di casa (letteralmente, visto che vive a pochi chilometri) Leon si era messo in testa di giocare un brutto scherzetto ai “regulars”.

Il figlio d’arte è un pilota di razza: è stato vice iridato nel 2010 e l’ultimo a far vincere l’Aprilia, che pure non era più ufficiale, due anni fa. Adesso è la stella del British Superbike e l’anno scorso si è giocato il titolo fino all’ultimo metro contro il ducatista Shane Byrne. Sempre a Donington, due mesi prima, aveva sbaragliato nel campionato nazionale.

Contro Rea e Sykes ha trovato pane per i suoi denti ma in gara uno è andato a podio (secondo) e nella rivincita chissà dove sarebbe arrivato se non lo avessero messo al tappeto.

Haslam e Dixon

Haslam è stata una wild card a metà, perché ha gareggiato per un team del Mondiale (Puccetti Racing). Mentre è stato “ospite” a pieno titolo Jake Dixon, 21 anni, uno dei prospetti più interessanti del British. Lui ha corso con una Kawasaki in configurazione “BSB”, cioè con la centralina unica MoteC e senza alcun aiuto elettronico.

Contro le Superbike del Mondiale che hanno controlli veicolo che neanche lo Shuttle, non poteva esserci partita. Infatti, a parità di marca, ha girato due secondi più piano di Rea. Comunque molto forte per i riferimenti del BSB. Quindi l’esperimento è stato interessante ma senza omogeneità di regolamenti tecnici avrà vita breve.

Ecco la chiave: lanciare un regolamento tecnico Superbike che fosse valido in tutti i campionati del Mondo, dal Mondiale in giù. Ma dubito che succederà. Perché ogni promoter ha esigenze e obiettivi diversi. Credo che alla Dorna avere o meno casino in città interessi molto poco. La priorità è la qualità del menù servito nella vip lounge.

Articolo di Paolo Gozzi

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